«Gli ambulatori devono restare aperti»

Medici contro lo stop delle visite: non possiamo abbandonare i malati

CHIETI. Medici e infermieri puntano i piedi: «Se geriatria chiude, gli ambulatori dovranno rimanere aperti». Si consuma così l'ennesimo braccio di ferro tra un reparto del policlinico di Chieti e i vertici Asl. Domani geriatria chiude tra le proteste e gli appelli caduti nel vuoto. Il personale ha preteso, «piaccia o non piaccia alla Asl», di continuare a fare le visite specialistiche a cui fanno richiesta decine di pazienti che hanno nel reparto dell'ospedale di Chieti il solo punto di riferimento.

Ieri mattina il reparto posto all'undicesimo livello del policlinico di Colle dell'Ara che normalmente trabocca di barelle per la maggior parte sistemate lungo i corridoi, era semideserto. Presenti alcuni dottori e giovani studenti specializzandi. Gli infermieri, invece, sono stati dirottati altrove. I pazienti, malgrado il pronto soccorso continui a decidere i ricoveri, sono stati trasferiti e «parcheggiati» in altri reparti e solo il primo settembre geriatria riaprirà.

Sulla chiusura la Asl è stata irremovibile, ponendo problemi di bilancio e turnazioni di ferie degli infemieri. «L'Abruzzo e Chieti hanno perso 20 anni di programmazione rispetto ad altre regioni come le Marche. Da noi si chiude ma poi non si sa cosa accade, ma è facile immaginare», osserva il personale sanitario, «anziani lasciati soli e abbandonati, mentre magari si recitano omelie e i politici in passerella parlando di politiche sociali. Di fatto accade che a geriatria si ricoverano pazienti anziani solo per aiutarli a mangiare, perchè non hanno nessuno, nemmeno chi può stendere loro un cucchiaio di minestra».

Il risvolto sociale è sempre più allarmante perchè le richieste di aiuto e di ricovero aumentano mentre l'ospedale non può essere l'unico punto di riferimento.

«Il bisogno sanitario dell'anziano non è ospedaliero», spiegano i medici, «ma sono necessari, in un territorio come quello della provincia di Chieti fatto di tanti piccoli paesi, di centri di assistenza, di residenze sanitarie assistite, di ambulatori. E' ovvio che in assenza di tutto questo si assiste alla ribellione di sindaci e cittadini». Nel reparto ieri mattina la situazione appariva tranquilla, nessuna barella lungo i corridoi, nessun lamento, una parte di ricoverati è stata messa altrove e altri rimandati a casa.

«E' un trattamento ingiusto», osservano gli infermieri che nei giorni scorsi avevano sollevato il problema e osteggiato la chiusura del reparto, «che mette a repentaglio l'assistenza e i rapporti umani che in queste circostanze e con questi pazienti sono di vitale importanza. Si tratta di persone che hanno lavorato una vita, che ci hanno consegnato una società migliore. E' l'ultima generazione che ha visto e sopportato anche la guerra. Non possiamo chiudere loro la porta in faccia, non è nemmeno etico. La sanità non si fa con i bilanci, si fa tagliando gli sprechi ma, nel caso dell'assistenza agli anziani, e le patologie connesse alla vecchiaia proprio non ci sono stati sprechi, magari verso la sanità privata si sarebbe dovuto intervenire. Di certo gli anziani sono stati una grande risorsa economica per alcuni». Le incertezze sul reparto gravitano anche per il futuro. La Asl finora alle critiche non ha replicato, non una presa di posizione dei vertici e nemmeno un comunicato, tranne qualche dichiarazione dirigenziale rimbalzata su siti Internet dove si ammettono i disagi ma che in fondo i pazienti sono stati «sistemati altrove».

In realtà è la stessa Regione Abruzzo che ha idee di cosa mettere in campo. «Questo è un policlinico di eccellenza ma se nella realtà non possiamo nemmeno tenere aperto un reparto così importante significa che qualcosa davvero nel profondo non funziona. Così come è preoccupante il silenzio dell'Università».

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