Idee e proclami, ma Pomponi è bocciato dai fatti

Il patron del Chieti tra annunci, allenamenti all’alba e la richiesta di gestione dello stadio per i concerti

CHIETI. Chieti oggi è una piazza in depressione, calcisticamente parlando. E' vittima di un lento declino che coinvolge anche la città.

Il pallone è fonte di delusioni e rassegnazione, nonostante nella tifoseria resista l'amore per i colori della maglia. Dalla scorsa estate le redini della società sono passate da Walter Bellia a un personaggio romano, Giorgio Pomponi, che si è presentato in città sbandierando progetti e proclami. Ovviamente la parola d'ordine, al primo approccio, è stata: «Vinceremo il campionato di serie D, non è questa la categoria che compete a Chieti». Parole che ridarebbero entusiasmo anche a un moribondo figurarsi a una piazza che aveva sfiduciato Bellia che pure qualche soldo negli ultimi anni l’aveva investito nella squadra di calcio. Pomponi è stato accolto benissimo, come era già accaduto in passato a presunti salvatori della patria calcistica teatina. Addirittura si era presentato con “Pluto” Aldair, l’ex difensore brasiliano della Roma nelle vesti di consulente di cui nel tempo si sono perse le tracce.

Progetti ambiziosi.Aveva evocato una gestione innovativa, chiedendo l'Angelini al Comune. Voleva una concessione pluriennale perché intendeva trasformare lo stadio in una platea per concerti e creare quindi una fonte di reddito per la società. Un'idea rivoluzionaria. Altrove nessuno ci aveva pensato, l'illuminato Pomponi aveva riservato questo progetto per Chieti.

Ma alla prova dei fatti è stato bocciato. Il primo a riportarlo con i piedi per terra è stato il sindaco Umberto Di Primio, chiedendo che alle parole seguissero i fatti. Che non si sono manifestati, nonostante riunioni, ultimatum e trattative.

Nel frattempo, lo stesso Di Primio è stato oggetto di insulti e striscioni offensivi da parte della tifoseria che vedeva nella solita politica lo sbarramento per chi aveva intenzione di fare il bene del calcio a Chieti. Con il passare delle settimane _ e alla richiesta dei documenti e degli investimenti necessari _ quella che era un'idea rivoluzionaria si è sciolta come neve al sole. Addio gestione pluriennale dello stadio.

Ma Pomponi non è tipo che ama passare inosservato. Lui si fa chiamare patron. E non si capisce bene il motivo per cui se è il proprietario del club non ha la carica di presidente. Che viene ricoperta da Aldo Savastano, anche lui romano. Che in Abruzzo ricordano a Roseto per una breve parentesi a contatto con la Rosetana che poi non si è iscritta al campionato di serie C2.

Allenamenti all’alba.La premiata ditta Pomponi&Savastano ama stupire. Ed ecco un'altra idea rivoluzionaria alle prime difficoltà della squadra. Il Chieti non vince? Non gioca bene? Colpa dei giocatori. E allora puniamoli con allenamenti alla sei del mattino. Anche a questo nessuno aveva mai pensato e Pomponi si è guadagnato l'attenzione dei mass media nazionali.

A Chieti sono arrivati giornalisti anche da fuori regione per conoscere e spiegare questa nuova tendenza del calcio italiano. Pagine di giornali, interviste e altro ancora. Allenatore e giocatori alle sei del mattino allo stadio messi alla berlina dei tifosi. La squadra vince una partita. Ma i problemi restano.

Passano i giocatori, Chieti sembra una stazione tra quelli che arrivano e gli altri che partono. Oltre una trentina quelli schierati nelle partite ufficiali. Però, i neroverdi non solo non sono in lotta per la promozione a metà campionato, ma progressivamente perdono quota fino a infilarsi nella zona retrocessione. E il derby di Avezzano scuote anche Donato Ronci da Spoltore che altrove sarebbe stato già esonerato, ma a Chieti addirittura resta in sella fino a quando non decide di rassegnare lui le dimissioni. Il Chieti non va e i protagonisti non riescono a spiegarsi il motivo. Basterebbe guardarsi attorno. Ma si cercano responsabilità altrove.

I dirigenti sostengono di aver scelto i giocatori migliori, l'allenatore è talmente bravo che non si tocca a meno che non decida lui di andarsene e la squadra incassa senza battere ciglio nella speranza di non urtare la suscettibilità di chi comunque a fine mese dovrebbe pagare i rimborsi spesa.

Un ripasso di storia. La tifoseria mugugna, è delusa. Ecco allora che entra in scena Omar Trovarello, un tempo frequentatore della curva volpi oggi dietro la scrivania. Un tempo capo ultrà e oggi direttore sportivo. In conferenza stampa, la settimana scorsa, afferra il microfono e, in buona sostanza, spiega: «Paghiamo la crisi economica che qui da noi si avverte più che altrove. Più che nelle Marche (Sambenedettese capolista, ndr) ad esempio. E comunque il Chieti è sempre stato in quarta serie. Un tempo si chiamava C2 e oggi serie D. Non è tutto questo disastro che si vuol far passare».

Un'opinione rispettabile, ma in quanto tale discutibile. Ad esempio, c'è il San Nicolò che è la squadra di una frazione di Teramo che sta facendo non bene, ma benissimo in serie D. E anche da quelle parti c'è la crisi, statistiche alla mano forse più grave che nel Chietino. Eppure con una società lungimirante riesce a fare calcio a buoni livelli.

E poi il discorso della quarta serie non è convincente. Sarebbe il caso di ricordare che il Chieti per tanti anni ha disputato la serie C1. Che in passato ha sfiorato anche la serie B. E che all'Angelini hanno fatto gol gente del calibro di Enrico Chiesa, Fabio Quagliarella e Fabio Grosso, tanto per non andare più indietro negli anni e citare fior di giocatori che sono ancora nella mente dei tifosi più attempati. Ci sono stagioni che nascono male e finiscono peggio. Questa può essere annoverata come un'annata storta. Ci sta nel calcio. Ma a Chieti più che le bollicine, i proclami e gli annunci servono i fatti. Ovvero i risultati sul campo.

La critica messa alla porta. In un contesto del genere accade anche che qualcuno provi a muovere qualche critica.

A far presente delle incongruenze tra gli annunci e i proclami e i fatti che si susseguono. Qualche giornalista ci prova, ovviamente. Beh, la reazione del patron Giorgio Pomponi non ammette repliche: il giornalista del Centro viene messo alla porta. In un paio di occasioni gli viene vietato l’ingresso nella sala stampa dell’Angelini per fare le interviste del dopo partita. Già, quando la squadra non vince è sempre colpa del giornalista che lo fa notare...

@roccocoletti1

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