Palmoli

Contro quei bambini c'è un provvedimento punitivo: l’editoriale del direttore

20 Dicembre 2025

Non si poteva non prendere atto di tutti i gesti di apertura fatti dalla famiglia dopo l’allontanamento dei figli. Questo giornale ha dimostrato che gli addebiti erano infondati già al momento del provvedimento

PALMOLI. Per i bambini della “famiglia del bosco” sarà un Natale senza famiglia (ovviamente, anche senza bosco, e soprattutto: senza casa). Resteranno dunque nella struttura protetta, sotto osservazione, sorvegliati, ristretti nella loro possibilità di ricongiungersi al padre e alla madre. Non è stato concesso loro nemmeno un beneficio temporaneo e dettato dal buonsenso, quello di una sortita a termine per celebrare le feste con i propri cari. Perché?

Proveremo in questo articolo a indagare l’unica risposta possibile a questa domanda. Ma bisogna partire dal fatto che questo ha deciso ieri la Corte d’appello, con un provvedimento che sembra davvero dettato dalla prudenza, dalla paura, e – probabilmente – da uno dei più antichi mali italiani: il cerchiobottismo. Non si poteva – infatti – non prendere atto di tutti i gesti di apertura che la famiglia Trevallion ha fatto in questi giorni di cattività, dopo che i genitori sono stati privati della responsabilità genitoriale sui loro tre figli, e separati dai bimbi in modo forzoso: ma – soprattutto, dato che in caso di appello il tema è questo – non si poteva ignorare il fatto che già al momento del provvedimento molte delle motivazioni erano infondate.

Questo giornale ha avuto modo di verificare (e provare con dei documenti pubblicati in questi ultimi due mesi grazie alle inchieste di Gianluca Lettieri e Daniele Cristofani) quanti di quegli addebiti su cui si basava questo provvedimento fossero infondati. Proviamo così – per un attimo – a dimenticarci di questo paradosso: se prima si poteva far finta che tutto ciò che l’assistente sociale scriveva nella sua relazione non fosse stato risolto, dopo ciò che è emerso è semplicemente impossibile sostenere questa tesi, perché sono intervenuti dei fatti inoppugnabili. Ecco una breve ricapitolazione per punti salienti del contenzioso Stato-famiglia del bosco: il provvedimento del tribunale per i minorenni (con un’ordinanza basata sulla relazione dell’assistente sociale), sosteneva:

1) Che i Trevallion avessero una casa malsana e addirittura a rischio crollo. Adesso la casa in pietra è stuccata, pulitissima, ed esiste persino una perizia di parte che ne certifica la sicurezza statica (prodotta prima dell’ordinanza). Il tribunale per i minorenni, la tutrice o l’assistente sociale sono di un altro avviso? Dovrebbero produrre un documento per dimostrarlo, perché l’onere della prova spetta a loro, non più alla famiglia Trevallion.

2) Tribunale e assistente sociale sostenevano che il bagno ubicato fuori da casa, e attivo con una fossa biologica, costituisse un grave rischio sanitario per i bimbi, e che tutto l’ambiente domestico fosse insalubre. Bene, anche questa argomentazione, infondata allora, oggi non ha più alcun senso: i Trevallion hanno ottenuto da un uomo (il signor Armando Carusi, che questo giornale ha definito “santo”) una casa nello stesso paese, perfettamente ristrutturata, con impianti modernissimi, stufe, pompe di calore, servizi a quattro stelle e cucina high tech: gratis. Anche un citrullo capisce che le argomentazioni sulla salubrità degli ambienti erano enfatizzate. Oggi decadono tutte con effetto istantaneo dopo il gesto del signor Carusi. La famiglia ha firmato ufficialmente un contratto in comodato d’uso gratuito: genitori e figli possono stare quanto vogliono, finché non finiscono i lavori di ristrutturazione già annunciati e pianificati.

3) L’assistente sociale faceva notare in modo non innocente che la famiglia poteva disporre sul suo conto italiano (al 30 giugno 2025) di un saldo di soli 362 euro. Ecco una notazione non casuale: se uno pensasse che solo su quello potevano contare i genitori della famiglia del bosco, già si costituiva una prova di non autosufficienza genitoriale. Peccato che i Trevallion potevano contare già allora su altro conto estero da cui fanno voltura, secondo le loro esigenze, delle somme di cui hanno bisogno.

Un altro particolare grottesco è che la famiglia può contare sull’autosufficienza del proprio orto, e spende circa 300-400 euro al mese. I bimbi non mostravano nessun segno di denutrizione, non mancava loro nulla sul piano alimentare. Il particolare grottesco è che in questi mesi le cifre più alte sono servite – ironia della sorte – a pagare le ingenti spese legali imposte dai procedimenti di cui sono stati oggetto.

4) Si è a lungo discusso della certificazione di idoneità scolastica prodotta dalla famiglia. L’assistente sociale scriveva di non essere stata in grado di verificare se la professoressa di Brescia che aveva prodotto questo documento fosse o no idonea alla certificazione. Una formula singolare: se un giudice legge questa formulazione è autorizzato a pensare che l’idoneità non ci sia: invece – come ha provato un comunicato stampa del ministero – la professoressa di Brescia, la sua certificazione e il documento erano già regolari e riconosciuti dal ministero.

5) Aggiungo un dettaglio successivo. Pochi giorni fa qualcuno ha sollevato dubbi sulle attitudini e sulle capacità di scrittura e di dialogo dei bambini In lingua italiana. Dubbio legittimo, che tuttavia è stato risolto da un’altra dichiarazione pubblica della famiglia. Dopo che la scuola competente aveva annunciato di poter designare una maestra alla modalità delle visite a domicilio, i Trevallion hanno dichiarato la loro completa disponibilità a far incontrare i bambini e i docenti che la scuola avrebbe designato. Anche questo tema, dunque, è già superato, ma all’epoca del giudizio non esisteva.

6) La relazione e la sentenza – poi – dubitavano addirittura del fatto che i bimbi del bosco avessero compiuto un percorso vaccinale. Il sospetto di essere no-vax, dunque, diventava potenziale clausola di inaffidabilità sanitaria, proprio perché non era precisato. Ebbene, come sanno i nostri lettori, abbiamo pubblicato sul nostro giornale la riproduzione dei certificati vaccinali esavalenti, anche queste precedenti al giudizio. Nessun no-vax, come è noto, accetta di vaccinare i propri figli. Tuttavia, come abbiamo raccontato, durante il periodo nella struttura protetta, i bimbi hanno anche accettato di completare il loro percorso compiendo il cosiddetto “richiamo”.

7) I giudici, sempre sulla base della relazione dei servizi sociali, paventavano i rischi di un isolamento di tipo monastico, e la conseguente perdita di una valore come la socialità: ebbene, tutte le fonti giornalistiche (non solo noi del Centro) hanno potuto verificare con grande facilità di indagine che i bambini hanno frequentato diversi bambini che abitano vicino alla loro casa.

8) I giudici del tribunale per i minorenni hanno considerato una colpa grave “l’esposizione mediatica” dei bimbi, e in particolare i servizi delle Iene (lo hanno scritto loro) e di altri che hanno filmato la famiglia. Ora, a parte che – all’epoca di questi servizi – i genitori non erano limitati da nessun provvedimento restrittivo sulla loro potestà genitoriale, è stato quasi clamoroso il gesto con cui il padre dei bambini ha rifiutato in diretta un’intervista nel programma di Massimo Giletti. E ha – addirittura – cambiato l’avvocato che li aveva consigliati a questa scelta comunicativa, spiegando pubblicamente le ragioni della loro scelta. Tuttavia non c’è stata una sola parola di autocritica sul fatto che la famiglia abbia potuto leggere il dispositivo del provvedimento, nella sua lingua madre, solo quando il nuovo collegio di difesa ha fornito loro una copia del testo in inglese.

9) Quindi, alla fine di questa lunga disamina, resta un interrogativo sul motivo di una scelta restrittiva così drastica: se l’abitazione, le condizioni sanitarie, il percorso scolastico e la sua certificazione, la disponibilità all’accoglienza degli insegnanti, la stabilità della casa e la perizia che la comprova, la capacità di autosufficienza economica, il percorso vaccinale e la disponibilità di un alloggio alternativo temporaneo (che fra l’altro è omologato dal Comune a svolgere attività ricettiva) sono stati tutti verificati, come e perché i bambini non hanno ottenuto nessun permesso di ricongiungersi ai loro genitori neanche in modo temporaneo, neanche solo per le feste, nemmeno per il solo pranzo di Natale? Come mai tutti gli elementi che erano già acclarati prima del provvedimento erano stati ignorati e quelli emersi successivamente non sono stati presi in considerazione né adesso dalla Corte d’appello, né prima dal tribunale per i minorenni? Esiste – purtroppo – una sola risposta: i bambini e i genitori sono oggetto di un provvedimento di privazione dell’autorità genitoriale che ha un carattere punitivo. E da una conseguente separazione coatta che aggrava l’effetto di questa misura.

Purtroppo la Corte d’appello, pur disponendo di elementi che non poteva ignorare, non ha preso atto delle condizioni precedenti. E nessuno sembra interessato alle condizioni attuali. Forse i giudici si sono turbati per le dichiarazioni del politici sul caso? Forse hanno subìto la suggestione del convegnino organizzato all’Aquila? Forse considerano disdicevole che i media continuino ad occuparsi di questa storia (cosa che rappresenta un diritto costituzionale)? Forse i servizi sociali oggi non sono in grado di riconoscere una situazione mutata per un pregiudizio o un sentimento di tipo vendicativo? Non so dirlo, bisognerebbe ascoltare le motivazioni che nessuno di loro ha fornito, tenendo un atteggiamento offeso e difensivo prima di tutto verso i media e poi verso l’opinione pubblica. L’unico fatto clamoroso e certo – oggi – è che la mancanza di qualsiasi risposta alle tante aperture della famiglia e l’insensibilità agli elementi nuovi prodotti dai Trevallion sta causando un danno più grave. È difficile negare che il perdurare delle restrizione sia doppiamente punitivo: non solo nei confronti dei genitori, cioè, ma anche e soprattutto nei confronti dei tre minori, che nessuna colpa hanno in questa vicenda.

Questa insensibilità dimostrata da soggetti istituzionali non ha nessun alibi: se sul tema parlano Matteo Salvini, Elly Schlein o se parlasse Elon Musk, l’influenza sulle scelte dei giudici dovrebbe essere zero. Anche l’amor proprio ferito non dovrebbe contare nulla: solo il merito, solo l’umanità, solo il bene dei bambini. Che i giudici di Appello purtroppo hanno mostrato di non considerare una priorità. Solo il tribunale, da oggi, ha il potere di rimediare.

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