Il medico Angelo D’Ugo: «Così mi sono licenziato e faccio il giramondo per dare aiuto ai deboli»

Il dermatologo di Vasto racconta l’addio al posto fisso e una nuova vita: «Tutto è nato nel 1995, dopo l’incontro con Madre Teresa di Calcutta»
VASTO. Decisivo è stato l’incontro con Madre Teresa di Calcutta nel 1995. Da allora è scattato qualcosa nella mente e nel cuore di Angelo D’Ugo, 68 anni, affermato medico-specialista (dermatologo) di Vasto, che nel 2009 ha deciso di licenziarsi, lasciare il posto in ospedale e di mettere a disposizione delle organizzazioni umanitarie il suo tempo e le sue competenze.
Dottore, quando ha deciso di non voler più fare il medico in ospedale?
«Quando ho incontrato Madre Teresa, nel 1995, ero già medico specialista, e mi occupavo di estetica. Lei mi ha chiesto se volevo rimboccarmi le maniche. E così ho fatto. Ricordo quando mi ha detto; vai in quell’ospedale e dì che ti mando io. C’era una sutura da fare, ma non c’era neanche il filo. Mi dissero prendi la tua T-shirt e usala. Ma come? E l’igiene? Dissi io. E loro mi risposero in modo perentorio: se sei qui per criticare, puoi tornartene da dove sei venuto... L’igiene e la sterilità a Calcutta non esistono. E questo mi ha fatto capire che si poteva fare il medico anche in un altro modo».
Quanto è stato decisivo l’incontro con Madre Teresa?
«Ha avuto un peso notevole. In seguito a quell’incontro ho cominciato ad avvicinarmi ad alcune organizzazioni umanitarie, a Medici senza frontiere e alla Croce rossa. Di volta in volta cercavo di affinare il tiro. Nel 2009 mi sono licenziato dall’ospedale. Ho continuato a fare il medico, ma in modo diverso. Facevo quello che mi veniva chiesto. Bastava solo rimboccarsi le maniche e decidere quale lingua parlare. Vorrei precisare che non mi paga nessuno. Affronto le spese per l’aereo, il vitto e l’alloggio. Mi metto a disposizione e loro mi chiamano».
Perché questa scelta?
«Mi rendo conto di aver ricevuto tanto dalla vita, dalla mia famiglia, dal lavoro. Ho dei risparmi che mi consentono di vivere e lo voglio fare aiutando gli altri».
Ci racconta qualche sua esperienza?
«Mentre mi trovavo su un’isola greca, un sacerdote mi chiese di aiutarlo a vendere i libri. Organizzai una pesca di beneficenza. Non c’è sempre e solo bisogno di fare il medico per aiutare qualcuno. Un altro episodio che ricordo è quando Madre Teresa mi disse: vedi quel signore? Non ha più gli arti superiori. Noi gli mettiamo la ciotola e lui mangia come un cane, dagli da mangiare con il cucchiaio. Per un giorno dagli la dignità di essere un uomo. Madre Teresa mi ha cambiato la vita. Mi disse: quando sei in un Paese ricco non ti preoccupare dei poveri, mangia, divertiti, tanto a loro non togli nulla. Invece quando sei qui non ti arrogare la superbia dei nostri medici».
Quando ha iniziato a girare per il mondo?
«L’ho sempre fatto, ma da quando non sono più legato ai cartellini, agli orari, agli impegni lavorativi pressanti che la nostra società ci impone, andare in giro è per me una normalità».
In che posti è stato?
«Sul mio passaporto ho finora 196 timbri. Questo non significa che conosco tutto del Mozambico, dell’Afganistan, dell’Iraq, però ci sono stato. Non vado sempre con la mia barca perché ci sono posti dove non c’è il mare. Il corpo militare della Croce Rossa, di cui mi onoro di essere un componente, mi permette di andare in quelli che si chiamano teatri di guerra, non so perché si chiamano così. Posso andare in posti dove non è consentito andare da civili e questo mi ha permesso di andare in Iraq e in Afganistan. Quindi in posti dove ho imparato cose che non sapevo. Se c’è un incidente e arriva l’ambulanza si fa il triage, cioè si cerca di capire chi è il più grave. Nei militari è esattamente il contrario, si fa il triage per capire quello che è meno grave, che ha più probabilità di salvarsi. Questo ti consente di fare il medico a 360 gradi».
Quale è l’ultimo posto che ha visitato?
«In Namidia che è un luogo bellissimo dove tanti turisti vanno per la natura e per gli animali. Lì ho conosciuto Willy, il quale mi ha raccontato la sua storia strappalacrime. Willy ha 55 anni, è un tassista senza licenza, vedovo e padre di tre figli. E qui entro in gioco io: ho lanciato una raccolta di fondi per aiutarlo, ma non sono riuscito a racimolare la somma necessaria. Questo per dire che anche lì si può sempre fare del bene. Dieci euro per noi non sono nulla, ma possono cambiare una vita».
Però torna sempre a Vasto vero?
«Ho una moglie fantastica, mi segue tutte le volte che può. Adesso è la mia infermiera perché ho scoperto di avere un tumore all’intestino, mi hanno già operato e mi sento bene. Da quando l’ho scoperto penso che ogni nuovo giorno sia un regalo».
Quale è la prossima tappa?
«Ho diversi progetti. Vorrei fare qualcosa per l’ambiente. In mezzo al Pacifico c’è tanta plastica: in mare c’è una specie di isola grande quanto l’Abruzzo. Ho sottoposto una mia idea alla direttrice del Dipartimento di chimica dell’Università di Harvard nel Massachusetts, per rendere quella spazzatura una risorsa. Ho lanciato un sassolino, spero venga raccolto. Ci sono altre due cose di cui vado particolarmente fiero: aver contribuito alla creazione di una organizzazione che si chiama Sailing Doctors e aver partecipato ad un programma di rimboschimento nelle Filippine piantando mangrovie».

