Il turismo ripopola i borghi fantasma 

Gessopalena, Montebello e Lettopalena trasformano  i vecchi centri ormai disabitati in musei all’aperto

GESSOPALENA. Il borgo antico di Gessopalena, Buonanotte e il borgo vecchio di Lettopalena sono i luoghi abbandonati della provincia di Chieti ai quali si devono aggiungere, tra Fraine e Roccaspinalveti, i resti di centri vecchi. Frane e guerra sono le cause principali del loro abbandono, ma le nuove comunità stanno riscattando la propria memoria trasformando questi centri in possibilità turistiche. Il borgo antico di Gessopalena (1.350 abitanti) -la “preta lucente” per via dei cristalli di gesso che luccicano e rendono vive le antiche case- che domina la valle dell’Aventino, a partire dal XIX secolo è stato progressivamente abbandonato ed ha cominciato a prendere forma il nuovo e attivo centro abitato. Furono i tedeschi, il 1° gennaio 1944 -questi sono i luoghi della famosa linea Gustav- a distruggere la parte vecchia e quella nuova con cariche di dinamite uccidendo 42 persone. «Nel borgo antico», dice il sindaco Andrea Lannutti, «abbiamo la sede della fondazione Brigata Majella, i cristalli di gesso più grandi d’Europa, il museo del gesso. Lì c’è la nostra storia e cerchiamo di contestualizzarla tanto che vi si svolge la famosa Passione di Cristo e diverse rappresentazioni teatrali e musicali. Finora in quest’estate abbiamo registrato tremila presenze, è un borgo musealizzato e tutto visitabile». Lettopalena (340 abitanti) sorge su un colle roccioso del versante destro dell’Aventino. È citata nei documenti del secolo XI; nacque intorno all’abbazia di Santa Maria di Monteplanizio. L’intero paese era delimitato dalle mura e dalle torri di avvistamento. Poi ci pensarono la peste e i terremoti a decimare la popolazione, ma fu la guerra a dare il colpo di grazia: il 18 e 19 novembre 1943 Lettopalena fu letteralmente rasa al suolo dai tedeschi e la popolazione dispersa. Il nuovo centro abitato fu costruito in una posizione più comoda, a monte del fiume Aventino. A Montebello sul Sangro (88 abitanti), il Monte Vecchio (le origini risalgono al XII secolo) incombe sul paese nuovo e le scheletrite vecchie case sono lì in cima a ricordare il borgo antico, Buonanotte o Malanotte che dir si voglia. Vecchi soprusi, disonori di paesi vicini, che coinvolsero, dicono le leggendarie cronache medievali, le donne del paese. Il nome fu mutuato nell’attuale nel 1969 quando Monte Vecchio fu abbandonato per un grave frana. «Ci stiamo adoperando», spiega il sindaco Nicola Di Fabrizio, «per mettere in sicurezza parte del borgo così da rendendolo visitabile e farlo diventare un’attrattiva turistica».
©RIPRODUZIONE RISERVATA