In un giorno guariti quattro pazienti 

Prosegue la cura con il farmaco sperimentale contro l’artrite. Il primario Vecchiet: «È decisiva la diagnosi precoce»

CHIETI . Funziona la cura del coronavirus con il farmaco sperimentale usato contro l’artrite: ieri sono stati dimessi 4 pazienti. Sono tornati a casa due uomini di 50 anni di età, trattati con il Tocilizumab, medicinale che contiene molecole già impiegate nella cura dell’artrite reumatoide. La settimana scorsa, un altro paziente, 30 anni, era guarito grazie allo stesso farmaco e aveva lasciato lo stesso reparto di Malattie infettive al 6° livello, corpo L dell’ospedale Santissima Annunziata. Hanno lasciato lo stesso reparto, sempre ieri, anche una donna di 62 anni e un anziano di 87 anni, trattati con farmaci presi in prestito dalla lotta contro altre malattie: l’idrossiclorochina, indicata nel trattamento dell’artrite reumatoide, e con il lopinavir, già utilizzato nelle infezioni da Hiv.
Dalle prime guarigioni emerge che la diagnosi precoce è un’arma in più per fermare l’infezione: «La nostra esperienza, per quanto limitata, conferma quanto presente in letteratura», spiega il responsabile del reparto, Jacopo Vecchiet, ordinario di Malattie infettive all’università d’Annunzio di Chieti-Pescara, «appare ormai evidente che l’inizio della terapia in fasi precoci evita la progressione della malattia che può anche portare a forme gravissime di insufficienza respiratoria. I due pazienti dimessi ieri, ad esempio, uno dei quali era in condizioni particolarmente compromesse al punto da essere stato trattato per alcuni giorni con la ventilazione assistita, sono arrivati in ospedale nelle prime fasi della malattia: abbiamo potuto somministrare il Tocilizumab al momento giusto, con il risultato di una maggiore efficacia del trattamento».
Sono 14 oggi le persone in cura nel reparto di Malattie infettive: i posti lasciati liberi dai 4 dimessi sono stati subito occupati da nuovi pazienti. Altri 20 si trovano in Terapia intensiva, 14 nella Pneumologia subintensiva, 3 nella Cardiologia subintensiva e 105 a Medicina, per un totale di 156 pazienti ricoverati nell’area Covid dell’ospedale di Chieti. Una settimana fa, il 25 marzo, erano in tutto 119.
Lo staff di Vecchiett usa anche il Remdesivir, antivirale sviluppato originariamente per la malattia da virus Ebola e le infezioni da virus Marburg: la somministrazione avviene nei pazienti più gravi per ridurre l’infiammazione che causa danni agli organi secondo le norme dell’uso compassionevole. Nell’unità operativa di Malattie infettive a Vasto oggi sono ricoverati 11 pazienti.
Oltre alla cura e all’assistenza, l’ospedale teatino è in prima linea anche sul fronte della ricerca sui primi sintomi del Covid-19: a condurre uno studio nazionale è la Clinica neurologica, guidata da Marco Onofrj. Dalle prime indicazioni emerge che le complicanze neurologiche della infezione da Covid-19 siano frequenti: spesso si riscontrano cefalea, disturbi del comportamento, delirium, allucinazioni, agitazione, atassia, crisi epilettiche, encefaliti, disturbi della percezione olfattiva e gustativa, poliradicolonevriti e miopatie.
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