Incendio, revocato il divieto

L’istituto zooprofilattico garantisce che non c’è diossina.

CHIETI. Maxi rogo e veleni, non solo chimici. Fine dell’emergenza e del divieto di vendere frutta, verdura e prodotti di origine animale grazie all’intervento risolutivo dell’istituto zooprofilattico di Teramo, laboratorio nazionale di riferimento per diossine e Pcb: «Non sono stati riscontrati livelli di contaminazione... superiori alla normale presenza dovuta alle attività antropiche, nei campioni vegetali destinati all’alimentazione umana e degli animali, prelevati nelle aree coinvolte dall’incendio» che nella tarda serata di sabato ha semidistrutto lo stabilimento Seab di Chieti scalo che tratta rifiuti pericolosi. Un incendio doloso sul quale stanno indagando i carabinieri. Il sindaco Francesco Ricci, medico, preso atto di una relazione tanto autorevole, ha quindi revocato l’ordinanza emessa mercoledì sulla base dei consigli dei tecnici dell’Arta, l’agenzia regionale di tutela ambientale che peraltro comunicherà i dati ufficiali delle analisi soltanto lunedì.

Ma il sindaco resta in attesa dell’esito di altre ricerche analitiche. «Vogliamo determinare», spiega Ricci, «la presenza di metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici, i dati saranno comunicati» dallo Zooprofilattico al più presto, probabilmente oggi. Restano valide, in ogni caso, le raccomandazioni di sempre: chiunque ha contatti con il terreno dovrà lavarsi accuratamente le mani, lavare bene frutta e verdura prima di consumarla e sbucciarla, lavare le piazzole e i balconi, annaffiare le piazzole per evitare il sollevamento dei polveri depositate, non utilizzare i pozzi d’acqua superficiale per l’irrigazione, effettuare la manutenzione dei filtri dei climatizzatori. Una buona notizia, dunque, che ha messo fine all’allarme di Coldiretti, Cia, centro agroalimentare, agricoltori vari, oltre ai Comuni, che sull’ordinanza di Ricci si sono un po’ divisi. Il divieto emanato dal sindaco teatino e valido praticamente per l’intera area metropolitana è stato osteggiato sia da Spoltore che da Ortona, ma è stato sostenuto da San Giovanni Teatino e Torrevecchia, oltre che da Ripa Teatina il cui sindaco, il medico e assessore provinciale Mauro Petrucci, l’ha emessa ieri pomeriggio.

In ogni caso resta l’allarme lanciato dal Wwf sui veleni diffusi nell’atmosfera dal rogo e dal fumo dei rifiuti tossici dall’ennesimo incendio che avviene nell’area industriale, evidentemente non ben controllata. E non si capisce perché mai l’Arta, agenzia della Regione, non sia stata all’altezza della situazione, creando scompensi e disagi fino a indurre il sindaco a firmare un’ordinanza che non poteva rifiutare, in via precauzionale. Ieri, intanto, sono state vendute frutta e verdura di altre province e regioni. Così i supermercati in generale sono sopravvissuti all’ordinanza di divieto. I supermercati fanno riferimento a grossisti e centri di distribuzione delocalizzati e così frutta, verdura e gli altri alimenti indicati dall’ordinanza, dimorano come al solito sui banconi di vendita. I clienti sono più attenti, chiedono la provenienza dei prodotti ma, una volta rassicurati, acquistano.

Non accade così al mercato della verdura, dove il commercio è ancora fermo. «Avevamo qualcosa che veniva da Ripa teatina», dice Gaetano Angelillis, direttore del Tigre, «l’abbiamo tolta e ora ci sono solo prodotti che arrivano da fuori zona. I clienti chiedono chiarimenti ma la vendita non si è fermata». «Non abbiamo alcun problema», afferma Emiliano Ciaschetti, direttore del Conad in prossimità dello stadio, «i nostri prodotti arrivano da fuori e non riscontriamo particolare allarme nei clienti». Al Gran mercato Domar, in via Aterno, i disagi ci sono. «Non possiamo ritirare la merce locale e così acquistiamo da fuori provincia e regione», dice Mario Bucciarelli, responsabile dell’esercizio commerciale, «soffriamo un crollo dei guadagni di circa il 30%. E’ inaudito, ci chiediamo se qualcuno ci risarcirà». Al supermercato Febbo di via Custoza la proprietà ha affisso cartelli per la clientela. «I prodotti sui banconi di vendita vengono da territori diversi da quelli interessati dall’ordinanza», dicono in ufficio, «i consumatori sono comunque spaventati e temiamo di soffrirne in termini di guadagno». All’Iperstanda del Megalò prodotti arrivano da fuori zona. L’addetto al settore ortofrutta parla di regioni quali il Lazio, la Campania e la Basilicata.