Chieti

Inchiesta per corruzione, le intercettazioni di Febbo: «Io uscivo dallo studio con le buste piene di soldi»

29 Maggio 2025

Sull’accusa di tangenti diceva: «10mila euro? Io mi ci accendo una sigaretta». Ora il 16 settembre un altro magistrato deciderà se il politico di Forza Italia dev’essere rinviato a giudizio

CHIETI. «Io uscivo dallo studio con le buste piene di soldi». Così l’ex assessore e consigliere regionale teatino Mauro Febbo, tuttora esponente di spicco di Forza Italia, parlava al telefono. È questa una delle conversazioni intercettate dalla guardia di finanza e finite al centro dell’inchiesta per corruzione che ruota intorno alle presunte tangenti pagate dall’imprenditore della sanità Vincenzo Marinelli (morto il 24 ottobre scorso a 88 anni) a una serie di politici.

Il fascicolo-madre resta a Pescara, ma il caso di Febbo è arrivato a Chieti dopo che il giudice dell’udienza preliminare del capoluogo adriatico, mandando a processo gli altri co-imputati, ha dichiarato la propria incompetenza territoriale in relazione alla vicenda che coinvolge il politico forzista, inerente alla realizzazione del polo oncologico dell’ospedale teatino, nel contesto del project financing proposto da Medipass spa, di cui Marinelli era agente. Secondo il giudice Andrea Di Berardino – che ha disposto l’imputazione coatta di Febbo per corruzione dopo che la procura di Chieti aveva inizialmente chiesto l’archiviazione e di riqualificare il reato in «finanziamento illecito ai partiti» – quella conversazione del 21 maggio 2021 in cui l’ex assessore parla di somme di denaro con le quali usciva dal suo studio tributario di Chieti Scalo va considerata come un’ammissione di «ingenti entrate innero».

Sarà ora un altro giudice, Maurizio Sacco, a decidere se Febbo – che, difeso dall’avvocato Massimo Cirulli, si è sempre professato innocente – dovrà affrontare un processo: l’udienza preliminare è stata fissata al prossimo 16 settembre. In base alle contestazioni, Febbo ha ricevuto da Marinelli «beni e utilità», dapprima in qualità di assessore regionale alle attività produttive, e poi come consigliere di maggioranza, «per compiere atti del proprio ufficio e, in particolare, per non osteggiare in sede politico/amministrativa regionale» il project financing, «e anzi per appoggiare e favorirne l’iter di pubblicazione del bando di gara». Denaro e utilità che, sempre secondo le contestazioni, avrebbe ricevuto anche «in vista di una serie futura e indefinita di atti del proprio ufficio».

Entrando più nel dettaglio, nell’imputazione si parla della «somma complessiva di 5.000 euro a titolo di finanziamento elettorale mediante due bonifici» erogati da altrettante società amministrate da Marinelli; di 10.000 euro in contanti «in occasione della campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Chieti 2020»; e di «una somma di denaro o altra utilità di ammontare non quantificato». I fatti sarebbero avvenuti, tra Chieti e Pescara, dal 10 gennaio 2019 al 7 gennaio 2021. Secondo il giudice Di Berardino, le dazioni di denaro «paiono essere state ben di più di quei “soli” diecimila euro». Un importo che Febbo, intercettato, «volendo marcare una distanza dal corruttore, ha persino ridicolizzato come prezzo di corruttela». E qui il giudice riporta il passaggio di una conversazione in cui, «al telefono con terzi», il politico forzista diceva: «Se mi dà 10.000 euro io mi ci accendo una sigaretta...». Tra le intercettazioni citate dal giudice Di Berardino, è definita «emblematica» quella del 4 luglio 2019,in cui l’allora assessore alle attività produttive «rispondeva alla chiamata di Marinelli che gli diceva “assessò...io ho fiducia solo di te, non mi deludere”, con la rassicurazione di “stare sereno”, perché “siamo in linea”».