L'attentato al presidente del consiglio Forte Il sindaco: "Abbiamo pestato i piedi a qualcuno"

Lapenna, dopo l'attentato incendiario al presidente del consiglio comunale Giuseppe Forte, fa marcia indietro: "Fatto gravissimo. Abbiamo fermato il saccheggio edilizio. Da qui le ostilità"

VASTO. Un boato che rompe il muro di omertà. Un attentato incendiario che segna un cambio di rotta, che ci dà ragione. Sebbene queste parole non siano mai suonate così amare come adesso. Perché questa volta a saltare in aria è stata l'auto di Giuseppe Forte, presidente del consiglio comunale, uomo che in questa città rappresenta lo Stato. E questa volta è difficile dire che si tratti di liti di condominio, di amanti non corrisposti, di vandali annoiati dalla vita di provincia. Questa volta il rogo è stato appiccato in una via principale, poco dopo le 23, e ha divorato la macchina di un esponente di rilievo del Pd, che è anche vice presidente del consiglio provinciale, proprio sotto la sua abitazione. E' chiaro che la cosa non possa essere liquidata come al solito, sotto l'ombrello di presunti e mai dimostrati fatti di acredine personale.

«Avrebbero potuto spararmi, quindi sono contento per come sono andate le cose», afferma ancora scosso Forte, «sto cercando di capire, forse è una reazione a qualche scelta politica che abbiamo fatto. Di certo non è una casualità».

Alle motivazioni banali a cui siamo stati abituati, non crede nessuno. Neppure quelli, primo tra tutti il sindaco Luciano Lapenna, che a gran voce ci accusavano di creare allarmismo, di ingigantire le notizie, e nelle sedi istituzionali sbattevano sugli scranni le copie del Centro, nelle cui pagine si richiedevano chiarezza e attenzione verso il susseguirsi inquietante di attentati incendiari. E la stessa Commissione antimafia chiedeva di acquisire gli atti.

«E' un fatto gravissimo che va contro l'intero consiglio comunale», afferma Lapenna, «quando si governa si hanno sempre delle inimicizie, forse abbiamo pestato i piedi a qualcuno. A Vasto c'è stato un saccheggio edilizio a cui abbiamo provato a porre un freno, e questo può aver provocato delle ostilità».

La classe politica (a parte poche eccezioni) e le forze dell'ordine hanno sottovalutato l'allarme lanciato dall'opinione pubblica. Quello che sta succedendo a Vasto non accade in questi termini in nessun altro posto d'Abruzzo. La città brucia di notte e costruisce di giorno, senza regole. Sono migliaia gli appartamenti che nessuno compra. L'ultimo piano regolatore generale, che ha visto la luce una decina di anni fa con l'amministrazione di centrodestra guidata da Giuseppe Tagliente, ha aperto le porte ad una crescita edilizia abnorme e incontrollata. In gran parte operata da imprese costruttrici pugliesi e campane. «Tutto questo non ha avuto nessuna ricaduta positiva in termini di posti di lavoro», spiega Camillo D'Amico, capogruppo provinciale del Pd, «e la malavita è entrata a gamba tesa sul nostro territorio. Sono fortemente preoccupato per il futuro delle mie figlie, per i più giovani. Qui la politica si è arresa e la delinquenza sta alzando il tiro». E poi un appello: «Chi sa parli, altrimenti a Vasto continueranno ad esserci le condizioni migliori per la criminalità».

Si sfalda il muro di silenzio, di omertà o di ingenuità su cui sembra essersi arroccata la città. Cadono pezzi di finto perbenismo e nelle vie del centro non si parla dell'ennesima «vendetta personale» o di un nuovo «passatempo dei vandali». La gente si lascia andare a commenti più critici: «La criminalità c'è, qui ognuno fa quello che vuole», e ancora, «si costruisce ovunque, non ci sono controlli».

E torna a farsi sentire anche la voce di Riccardo Alinovi, vicepresidente del consiglio comunale, uno di quelli che a costo di essere apostrofato come «visionario», non ha mai taciuto i suoi timori. «Mai nessuno mi ha ascoltato anzi, è capitato che rappresentanti delle istituzioni e degli organi di controllo mi abbiano preso di mira. Sono anni che denuncio come Vasto sia diventato l'ombelico abruzzese della criminalità organizzata», afferma Alinovi, «ciò che è successo ai danni di Forte è un gesto ignobile e vigliacco, ma non possiamo mobilitarci solo se accade ad un politico e liquidare il resto come banale microcriminalità. E' ora che qualcuno si assuma le proprie responsabilità, che si smantelli la cupola di interessi e intrecci che ci sovrasta. E chi inganna i cittadini dicendo che non succede nulla, deve vergognarsi». Intanto oggi in città si riunisce la commissione sulla sicurezza. «L'ennesima presa in giro», commenta amaro Alinovi.

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