La Procura: «Assassino lucido, può tornare ad ammazzare» Il gip: «Minaccia per le figlie» 

«Di Nunzio ha agito con allarmante freddezza e non ha avuto alcun pentimento» Ecco le contraddizioni nel racconto dell’indagato che oggi incontrerà il giudice

LANCIANO. Aldo Rodolfo Di Nunzio ha strangolato la moglie Annamaria D’Eliseo con «estrema e sconcertante naturalezza». In altre parole: è un assassino che ha agito con «particolare lucidità e allarmante freddezza». Lo scrivono il procuratore della Repubblica di Lanciano Mirvana Di Serio e il sostituto Fabiana Rapino, che hanno chiesto e ottenuto l’arresto dell’ex vigile del fuoco settantunenne dopo le indagini dei carabinieri andate avanti per 18 mesi sul delitto della collaboratrice scolastica di 60 anni, uccisa il 15 luglio 2022 con un cavo elettrico stretto intorno al collo nella cantina della villa coniugale di contrada Iconicella. Oggi, alle 9, l’arrestato – rinchiuso da giovedì pomeriggio nel carcere di Villa Stanazzo – comparirà davanti al giudice Massimo Canosa per l’interrogatorio di garanzia.
«Vi è concreto pericolo», sostengono i pubblici ministeri, «che l’indagato commetta altri gravi delitti». «In particolare contro le figlie», sottolinea il giudice. Le modalità e le circostanze dell’omicidio «denotano come Di Nunzio sia particolarmente incline alla commissione di gravissimi atti di violenza», riprende la procura. «L’evidente determinazione nel compiere l’azione criminosa e nell’inscenare immediatamente l’impiccamento della donna e, come se ciò non bastasse, il suo carattere di padre-padrone, egocentrico, irruento e manesco, aggressivo e violento, tanto da portarlo a frequenti litigi con la moglie, lasciano fondatamente ritenere ancora attuale, serio ed estremamente concreto il rischio che l’indagato possa commettere altri gravissimi fatti del tipo di quelli già compiuti o, comunque, gravi delitti con l’uso di armi o di altri mezzi di violenza personale». Sempre secondo i pm, le azioni di Di Nunzio denotano «una spiccata e allarmante pericolosità sociale», se si considera anche il comportamento avuto dall’assassino dopo il delitto e «consistito nel rendere, sin da subito, dichiarazioni del tutto fuorvianti al fine di eludere le investigazioni nei suoi confronti». Di Nunzio, che continua a professarsi innocente, non ha avuto alcun pentimento: «La sua condotta comprova la totale mancanza di resipiscenza». Per la procura, pure i domiciliari sarebbero inadeguati, «essendo il proprio domicilio il luogo in cui è stato commesso l’efferato delitto, con freddezza e con atrocità; le mura domestiche, pertanto, appaiono agli occhi dell’indagato un luogo sicuro in cui poter commettere i gesti più violenti».
Qualora decidesse di rispondere alle domande del giudice, stamattina l’indagato – assistito dall’avvocato Silvia De Santis – dovrebbe fornire chiarimenti su una serie di contraddizioni e incongruenze evidenziate dall’accusa nel suo racconto, come l’assenza di un punto adeguato per ancorare i fili elettrici al soffitto della cantina e la presenza di una ragnatela intatta nel posto in cui afferma di aver trovato la moglie. Per l’accusa, non può corrispondere al vero che l’ex vigile del fuoco abbia visto la coniuge con il cavo girato quattro o cinque volte intorno al collo, perché, in quel caso, il solco sarebbe stato più di uno. Analogamente, sempre in base alla versione sostenuta dalla procura, non può essere credibile che l’uomo abbia rinvenuto Annamaria sospesa dal suolo a circa 20 centimetri, poiché la dinamica dei fatti è assolutamente incompatibile con una impiccagione completa.
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