«Le aziende sanitarie fondamentali per far rinascere l’Abruzzo»

30 Agosto 2009
CHIETI. «Bloccare la fuga dei cervelli è un’esigenza primaria per l’Italia e il centro-sud in particolare. E un giovane talento della medicina, in Abruzzo ce ne sono tanti, non è certo indotto a restare visto quello che accade con la ritardata aziendalizzazione delle facoltà mediche di Chieti e L’Aquila, le uniche due in Italia, si badi bene, a non essere messe in regola nonostante una legge nazionale da oltre un decennio e una legge regionale del 2005 che prevede la trasformazione in aziende degli ospedali universitari».

Leonardo Mastropasqua, presidente nazionale della società di oftalmologia, professore di clinica oculistica dell’università “Gabriele d’Annunzio” e direttore del centro regionale di eccellenza in oftalmologia interviene sul “congelamento” del piano. Una decisione nata dal terremoto aquilano, ma che invece avrebbe dovuto essere al contrario favorevole alla nascita delle due aziende sanitarie anche in Abruzzo proprio per agevolare la ricostruzione del dopo terremoto e non frenare una realtà come quella dell’università teatina, una delle migliori nella ricerca di qualità.

L’Abruzzo fa un terribile passo indietro.
«Intanto il grande errore è sottovalutare gli effetti della fuga di cervelli, che sono stati e saranno devastanti se non si pone riparo. La diagnosi della malattia è ben nota. In Italia è fortemente carente la cultura della meritocrazia con la qualità oggettiva della valutazione. Da un’indagine di Unioncamere diffusa il 14 agosto si legge: “Conoscenza diretta e segnalazioni contano più del curriculum e dei titoli faticosamente conquistati”. Tale situazione è più accentuata al Sud ed è in aumento nel 2009 rispetto al 2008. In quest’ultimo dato l’Abruzzo purtroppo è terzo dopo Lazio e Sicilia».

Ma ci saranno un po’ di giovani ricercatori che scommettono sul merito.
«Certo. Ma il Censis calcola che il 40% degli italiani pensa che il merito non serva per fare carriera. Quindi circa la metà dei nostri giovani, conseguita la laurea, cerca la via della raccomandazione. Il restante 60% dopo aver inutilmente provato in Italia, se ha capacità ha due vie: l’estero o entrare nell’esercito dei “cerca raccomandazione”. La terapia deve essere attuata con la rottura di questo meccanismo per dare la possibilità ai giovani di misurarsi su parametri internazionali».

Anche a Medicina siamo alle solite.
«Il nostro settore non sfugge a questo sistema. I giovani medici che vogliono fare clinica o ricerca non hanno più fiducia nei meccanismi meritocratici. La nostra università, sono dati ministeriali, lavora nella direzione della qualità. Il buon piazzamento ottenuto dalla d’Annunzio dimostra come nella ricerca il Sud può superare il Nord. Ma l’università non può restare sola. Un traguardo così ambito non si raggiunge senza un sinergismo di intenti. Le istituzioni devono puntare su un’università di qualità, vanto e punto di riferimento».

E lei crede che i politici regionali siano così avveduti?
«La crisi della sanità ha offuscato l’immagine dell’Abruzzo. Con il sacrificio di tutti stiamo recuperando consensi. Tuttavia induce molte perplessità la recente querelle sulle facoltà mediche di Chieti-Pescara e L’Aquila, uniche due in Italia non ancora aziendalizzate. Il progetto di aziendalizzazione e di autonomia finanziaria dei due ospedali universitari abruzzesi è stato sospeso (con legge nazionale 77 per il terremoto aquilano) e addirittura è in previsione l’annullamento con il nuovo Piano sanitario regionale pronto in settembre».

Un suicidio.
«Nella legge, che contiene una serie di emendamenti, l’unico punto che non ha limite temporale riguarda la sospensione (sine die) dell’aziendalizzazione dei policlinici di Chieti-Pescara e L’Aquila. Può una legge nazionale stravolgere un programma regionale già stabilito, peraltro in linea con tutte le regioni? Aziendalizzare significa ottenere finanziamenti aggiuntivi dal ministero della Salute per gli ospedali clinicizzati, renderli autonomi svincolandoli dai lacci e lacciuoli burocratici, consentendogli di essere responsabili della qualità delle prestazioni sanitarie erogate, potendo finalmente competere con chiunque con pari possibilità. Un ospedale autonomo dovendo reggersi sui numeri, legati alla qualità, come ogni azienda privata, terrà ben stretto chi è capace. L’alternativa è il solito “calderone” per cui la cultura della raccomandazione dilaga. Non vi sarà scampo. Il cambio generazionale di qualità non ci sarà. Quale speranza di ricerca, formazione ed assistenza di alto profilo può essere fatta senza una legge speciale per le facoltà di Medicina e chirurgia abruzzesi? Perché un giovane talento deve restare in Abruzzo con queste prospettive?».

Resta il problema della voragine finanziaria nella sanità.
«La dirigenza regionale ha le idee molto chiare, condivisibili sulla metodologia del rientro per i disavanzi causati dalle precedenti allegre gestioni, di ogni colore. La cultura però non può subire involuzioni. Non può un evento, seppur molto grave come il terremoto aquilano, bloccare la scienza. La storia insegna che anche nei momenti più bui la cultura non si è mai fermata. L’idea delle 4 Asl è giusta. Ma non è possibile che le due università debbano essere diverse da tutte le altre realtà italiane. Inserire la facoltà di Medicina e chirurgia senza autonomia in una Asl, vuol dire impedirle la funzione istituzionale di formazione delle future generazioni. Occorre uno sforzo ulteriore in nome della cultura e della medicina abruzzese. Si intervenga a livello nazionale per correggere la legge 77 e consentire l’aziendalizzazione, adesso».

Un Abruzzo cenerentola.
«Già. Perché essere ancora diversi nella negatività? Per L’Aquila oltre al danno la beffa! L’Aquila potrebbe beneficiare già da subito della aziendalizzazione, come peraltro affermato dal rettore aquilano; ritardarla o peggio non attuarla sarebbe un ulteriore ostacolo alla rinascita. La d’Annunzio, comunque, non deve essere ulteriormente penalizzata. Lo standard nazionale è fondamentale per dare alle nostre università tecnologie, capacità di attrazione di giovani talenti, formazione, ricerca ed assistenza di qualità. Solo così la cultura del merito sconfiggerà la cultura della raccomandazione. Non costringiamo chi sa ad andare via dall’Abruzzo, come già è successo e sta succedendo».