«Le botte a mia cognata? Da me solo carezze»: la vicenda a Ortona

25 Giugno 2025

Donato Di Meo, imputato per la morte di una 75enne, si difende in aula. Ma una registrazione lo inguaia

CHIETI. «Io non ho mai picchiato Valentina. Se ho alzato le mani, l’ho fatto solo per darle una carezza». Si difende così, davanti alla Corte d’assise di Chieti, l’ortonese Donato Di Meo, imputato per il reato di maltrattamenti in famiglia da cui è derivata la morte della cognata Valentina Civitarese, 78 anni, deceduta all’ospedale di Lanciano il 12 febbraio 2022. Per l’altra imputata, Lunella Civitarese, sorella della vittima, è stato dichiarato il «non doversi procedere» per incapacità di partecipare al processo, a causa di una grave patologia.

Di Meo, assistito dall’avvocato Gianluca Domenico Travaglini, parla per quasi 50 minuti davanti al presidente Guido Campli, al giudice a latere Enrico Colagreco e al pubblico ministero Giancarlo Ciani. L’imputato, 75 anni, giura di non aver mai maltrattato la vittima. «Per me», ripete a più riprese, «era come una mamma. La conoscevo prima di sposare Lunella: veniva a casa mia per aiutarmi a fare i compiti e, grazie a lei, ero diventato il più bravo della classe. Viveva con noi perché non era più in grado di stare da sola. Sì, una volta era caduta in casa, di notte. Ma poi sembrava che stesse bene. Solo pochi giorni prima della morte non si è alzata più dal letto. E io ho chiamato subito il medico per farla visitare».

Ma a inguaiare Di Meo, oltre alle indagini della squadra mobile di Chieti, c’è il racconto di un testimone-chiave: un vicino di casa che lo aiutava nei lavori in campagna. Nei mesi scorsi l’uomo ha inviato una lettera in procura, riferendo che l’imputato gli aveva confidato di aver colpito in più occasioni la pensionata. Non solo: la conversazione incriminata è stata registrata. E non finisce qui: in una circostanza, il testimone in questione sostiene di aver assistito di persona alle botte, visto che frequentava la casa.

Ieri, in aula, il pm ha sottolineato come sia stato lo stesso Di Meo, nella conversazione registrata di cui sopra, a “confessare” di aver colpito Valentina. «L’ho fatto perché avevo paura del mio vicino», ha replicato l’imputato. «In passato mi aveva anche spintonato, facendomi sbattere la schiena contro un palo di cemento. E mi aveva rubato pure il gasolio per il trattore. Quella mattina ha iniziato a dirmi, in macchina: “Io ti ho visto due o tre volte dare i pugni a Valentina”. E io gli ho risposto: “Va bene, sì, un pugno gliel’ho dato”. Ma, ripeto, ho detto quelle parole solo perché avevo paura della sua reazione», ha chiuso Di Meo. Si torna in aula il 28 ottobre.

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