Chieti

Finti incidenti: bastonate alle ginocchia per provocare fratture e intascare i risarcimenti. Il pm: in 120 vanno processati

7 Maggio 2025

Il pubblico ministero Giancarlo Ciani ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio dopo le indagini di polizia e guardia di finanza: l’udienza preliminare, davanti al giudice Giulia Colangeli, è in programma il prossimo 14 ottobre

CHIETI. In 120 rischiano di finire sotto processo nell’inchiesta della procura di Chieti sul giro di falsi incidenti stradali per intascare ricchi risarcimenti. Il pubblico ministero Giancarlo Ciani ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio dopo le indagini di polizia e guardia di finanza: l’udienza preliminare, davanti al giudice Giulia Colangeli, è in programma il prossimo 14 ottobre. Potranno costituirsi parte civile 11 compagnie assicurative e 15 vittime dei reati di falso e sostituzione di persona.

IL CAPO DELLA BANDA

La scorsa settimana hanno definito la loro posizione con il patteggiamento quattro personaggi che, secondo l’accusa, rivestivano un ruolo di primo piano nell’associazione per delinquere finalizzata «alla commissione di frodi assicurative, sostituzione di persona, falsi e furti aggravati, conseguendo ingenti e ingiusti profitti, coinvolgendo di volta in volta soggetti compiacenti per inscenare i finti sinistri»: 4 anni e 2 mesi è la pena nei confronti del capo della banda, l’avvocato Alfonso Zinni; altri due legali, Massimiliano Ceddia e Fabrizio Masciangelo, se la sono cavata con 2 anni a testa (pena sospesa e non menzione); 3 anni e 4 mesi, invece, sono stati patteggiati da Ettorino Di Croce, all’epoca dei fatti ausiliario socio-sanitario al pronto soccorso dell’ospedale di Ortona.

I RUOLI E LE ACCUSE

L’associazione per delinquere è contestata ad altre 13 persone, inguaiate da intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e accertamenti portati avanti dalla squadra mobile e dal nucleo di polizia economico-finanziaria. Il medico Pierpaolo Iungano, il liquidatore assicurativo Gaetano Petrilli e l’imprenditore Domenico Fragaglia sono accusati di essere stati «organizzatori e coordinatori delle attività» della banda. I legali Marco Francioni, Cristian Lanuti, Guido Antonio Tenerelli e Massimo Di Primio, in qualità di legali, avevano il compito «di curare pratiche assicurative interponendo la loro persona a quella di Zinni al fine di scongiurare la ripetitività, nei vari sinistri, della medesima figura professionale». Gabriella Ottaviano era medico di fiducia di diverse persone coinvolte nei falsi incidenti e «redigeva certificati medici attestanti un prolungamento della malattia». Francesco Ciaramellano, tecnico radiologo dell’ospedale di Pescara, avrebbe sottratto certificati medici genuini rilasciati in favore di terzi per la successiva falsificazione, nonché avrebbe «redatto falsi referti radiologici». Antonio Luca Ruzzi, anche su disposizione di Fragaglia, reclutava le persone da coinvolgere negli incidenti e pagava gli attori dei falsi schianti. Roberto Giuseppe Nicola Leanza forniva i mezzi per i finti sinistri e figurava «quale terzo trasportato». Lorenzo Bartolacci era l’hacker che, secondo l’accusa, falsificava la documentazione medica. Veruscka Mulas, infine, sostituiva «la propria persona a quella di terzi soggetti apparentemente coinvolti in falsi sinistri al fine di far riscontrare, attraverso esami strumentali, la presenza di una lesione della vertebra L4, di cui la donna era affetta da tempi antecedenti».

BASTONATE ALLE GINOCCHIA

Sotto alla cupola, c’erano i soldati, vittime e complici allo stesso tempo, disposte anche al sacrificio fisico pur di centrare l’obiettivo. Prendete il caso dell’indagato Luigi Mancini, pronto a farsi dare bastonate per provocare fratture riscontrabili.

LE INTERCETTAZIONI

«Cussù si è messo a piangere, guarda che fa male!», diceva – senza sapere di essere intercettato – Masciangelo, mentre affiancava il “capo” Zinni nell’organizzazione di un finto incidente che, è scritto sulle carte dell’inchiesta, ha segnato il passaggio di grado della pericolosità della banda perché ha «connotati tipici della criminalità organizzata, come quello di non disdegnare di recare vere e gravi lesioni personali all’attore di turno. Rimarchevoli sono le circostanze che i due sodali, pur di avere maggiori chance di successo, non esitino a procurare lesioni volontarie a Mancini; e che, non essendo riusciti a rompere il suo ginocchio (“Poi lui ha anche le ossa dure, è tosto, non lo rompi mai”, dice Masciangelo), decidano di utilizzare il supporto di un vecchio esame radiologico dello stesso Zinni, previa alterazione del nome del paziente e del ginocchio interessato».

LA DIFESA

Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Italo Colaneri, Alessandro Mascitelli, Gianluca Carlone, Mauro Faiulli, Vittorio Supino, Goffredo Tatozzi, Pasquale D’Incecco, Giovanni Angelucci, Carlo Flacco, Marco Bevilacqua, Roberto Di Loreto, Serena Pompilio, Paolo Zaccardi, Tullio Zampacorta, Antonello D’Aloisio e Luca Pellegrini.

L’ARTICOLO COMPLETO SUL CENTRO IN EDICOLA

©RIPRODUZIONE RISERVATA