Morte di Andrea Prospero, giudizio immediato per il 18enne romano che chattava con lui

Il giudice per le indagini preliminari: sì al giudizio immediato per il 18enne di Roma indagato per la morte dello studente di Lanciano, trovato senza vita in casa a Perugia. Il ragazzo di Roma, ora ai domiciliari, è accusato di istigazione o aiuto al suicidio
LANCIANO. Giudizio immediato per il 18enne romano che avrebbe indotto al suicidio Andrea Prospero. Lo ha disposto il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Perugia. Lo studente universitario originario di Lanciano era morto suicida il 29 gennaio 2025 in una struttura ricettiva del centro storico perugino, ma le indagini della polizia avevano portato a scoprire aspetti inquietanti, con il giovane che era stato arrestato a marzo che lo avrebbe spronato a compiere il gesto estremo, fornendogli anche dei “consigli”.
Le indagini della polizia hanno portato al sequestro e all’analisi di telefoni, schede sim e computer. Dalle chat su Telegram tra la vittima e l’indagato sono emersi dialoghi che lo spingevano al suicidio, come “ce la puoi fare, ammazzati” e “manda giù le pasticche con il vino, non sentirai dolore, solo piacere”.
E’ emerso anche il coinvolgimento di un secondo indagato, campano, accusato di aver fornito al ragazzo i farmaci oppiacei acquistati online e risultati decisivi nella sua morte.
Il gip, valutato il materiale probatorio raccolto, ha ritenuto sufficiente il quadro delle prove per disporre il processo con rito immediato. Il dibattimento è fissato per l’8 ottobre dinanzi al tribunale di Perugia.
Andrea Prospero aveva 19 anni, frequentava la facoltà di informatica all’università di Perugia, dove si era trasferito per seguire le lezioni.
«Sono convinto che Andrea non si è ucciso, ma sia stato ucciso», ha ripetuto più volte nei mesi scorsi Michele Prospero, padre del diciannovenne morto. «Credo che la sua bontà l'abbia portato a cadere in una trappola.Potrebbe essere stato contattato e adoperato per delle cose che lui, a un certo punto, ha ritenuto di non voler fare più. Una cosa che era diventata più grande di lui. Io cerco la verità», ha detto il padre che dal 29 gennaio non si dà pace, «e non metto in dubbio che ci sia anche una sua responsabilità, però c’è altro, gente che deve pagare per quello che è successo».