Negri Sud, la direzione pone le condizioni

La Fondazione: «Cassa integrazione per 53 dipendenti o licenziamento». I ricercatori oggi in Provincia

SANTA MARIA IMBARO. L’applicazione della cassa integrazione per i mesi di febbraio e marzo al 50% per 43 dipendenti e al 100% per 10 dipendenti volontari (con il resto dei 100 dipendenti al lavoro), oppure il licenziamento di 30 unità. È arrivato l’aut aut temuto da mesi per i ricercatori e lavoratori della Fondazione scientifica Mario Negri Sud. A comunicarlo è stata lunedì scorso la stessa direzione aziendale ai sindacati con la puntualizzazione che non c’è alcun margine di trattativa. O si prende la strada decisa nel piano di rilancio della fondazione oppure è pronta la “lista nera” di cui si vociferava da tempo e che, ufficialmente, era sempre stata smentita dal consiglio di amministrazione della Fondazione e dai soci istituzionali. La “lista nera” degli esuberi non solo esiste, ma è pronta per procurare i suoi effetti sul parco dipendenti della Fondazione che conta ormai dieci mensilità di stipendio arretrato, più tredicesima e quattordicesima, e nessuna garanzia per il futuro.

Ieri Sergio Aliprandi (Filcams Cgil) e Rita Candeloro, segretario regionale Cgil, dopo un confronto con i dipendenti, hanno annunciato che non firmeranno la richiesta di cassa integrazione. «Il piano di rilancio non può e non deve dipendere solo dai sindacati», hanno detto i due esponenti sindacali, «la politica deve prendersi la responsabilità sulle strategie di intervento che si intende applicare e sulla credibilità della ricerca in Abruzzo. Certe scelte si devono fare guardando in faccia i lavoratori».

Oggi una delegazione di ricercatori del Negri Sud sarà presente nella sede della Provincia a Chieti assieme ai sindacati. «Non è credibile che il processo di trasformazione da consorzio in fondazione», incalza Aliprandi, «abbia nuovamente concesso la direzione scientifica a Gianni Tognoni. Avevamo espressamente chiesto discontinuità con la gestione passata e soggetti che fossero capaci di fare massa critica e di tenere insieme persone e laboratori che fanno ricerca per il benessere sociale. A oggi non possiamo dire che questo sia avvenuto».

E che la tensione sia ancora alta tra i ricercatori è ormai palese. Tra chi era presente ieri all’assemblea con i sindacati era palpabile il disagio di sentirsi gli uni contro gli altri: da un lato chi pensa di essere in qualche modo intoccabile, dall’altro chi sa di trovarsi nella “lista nera” dei prossimi licenziati. Ed è guerra anche tra i laboratori. Di quelli che effettuano ricerca di base ne restano tre, dal momento che altri tre laboratori hanno chiuso a febbraio. Altri tre laboratori riguardano epidemiologia, ma le spese sono altissime. «Due laboratori dei tre totali», raccontano alcuni dipendenti, «non riescono a coprire il 50% delle spese, mentre si sacrifica la ricerca di base».

Daria De Laurentiis

©RIPRODUZIONE RISERVATA