Ortona: vino pignorato, parte il recupero dei debiti 

Il "buco" della Cantina Ortona verso l’azienda Cirulli per le forniture non pagate. La San Zefferino contesta: sottratto anche il nostro prodotto. Ma il ricorso è respinto

ORTONA . Il giudice del tribunale di Chieti, Nicola Valletta, ha rigettato l’opposizione presentata dalla Cantina San Zefferino nel contesto di esecuzione mobiliare promossa da Aziende agricole Cirulli in danno di Cantina Ortona. Questo è l’esito della causa civile relativa alla vicenda che trae origine da pignoramenti effettuati a Cantina Ortona, sulla base di un debito che la stessa cantina ha con Aziende agricole Cirulli di oltre 900mila euro. Si è proceduto quindi al pignoramento di beni mobili a Cantina Ortona e, tra questi, è ricompresa una quantità di vino che San Zefferino rivendicava essere di sua proprietà. A tal riguardo l’opponente indicava due contratti: il primo attraverso il quale Cantina Ortona si impegnava a procedere alla lavorazione e alla trasformazione dell’uva messa a disposizione da San Zefferino. Un altro contratto aveva ad oggetto l’affitto di due vasi vinari, destinati a contenere il vino di proprietà dell’opponente. Quest’ultimo riteneva che i dati documentali depositati in atti, fossero elementi utili a collocare con certezza il periodo di stipulazione dei due contratti, comunque «in epoca anteriore al pignoramento». Aspetto ancor più importante, però, è che Cantina Ortona si è associata alle argomentazioni di San Zefferino, chiarendo di essere stata autorizzata dal giudice dell’esecuzione - proprio Valletta - alle operazioni di vendemmia nella logica della conservazione di patrimonio aziendale e mobiliare, anche nell’interesse dei creditori.
Ma l’Azienda Cirulli ha contestato che gli elementi di prova documentale avanzati fossero utili a dare una data certa ai due contratti e, per di più, non li ha ritenuti motivo di opponibilità poiché stipulati da un soggetto che - in qualità di debitore esecutato e nominato custode - non era legittimato a disporre dei beni. Versione che il giudice ha accolto, chiarendo anche che l’autorizzazione all’uso dei beni pignorati proprio da lui concessa al custode, era specificatamente finalizzata «alle operazioni di vendemmia e comunque alla continuità aziendale». L’autorizzazione stessa, pertanto, «non si estendeva certo all’acquisizione e lavorazione di prodotto né alla cessione della disponibilità di propri beni per stoccaggio di prodotti altrui». E sui due contratti, infine, il giudice ha aggiunto che «non raggiungono un livello indiziario sufficiente a conferire prova addotta».
Per tutti questi motivi l’opposizione presentata da Cantina San Zefferino è stata respinta ed è stata condannata la parte opponente al risarcimento delle spese sostenute da Aziende Agricole Cirulli, liquidate in 10.343 euro.