Pensionata uccisa dopo la rapina fermati due giovani a San Salvo

Omicidio nella notte: anziana colpita da una decina di coltellate risvegliata dai rumori forse aveva riconosciuto chi voleva derubarla
SAN SALVO. Ha cercato di difendersi parando i colpi, come attestano i segni trovati sulle sue povere mani. Ha chiesto aiuto con quanto fiato aveva in gola. Non ce l’ha fatta. Il tentativo di rapina si è trasformato in tragedia. La decima coltellata sferrata con violenza contro il fianco destro le ha forato un polmone. È morta in pochi minuti Albina Paganelli, 69 anni, di San Salvo. La chiamata al 112 fatta dai vicini alle 2,20 non è servita a salvarle la vita.
«Quando siamo arrivati sul posto insieme agli operatori del 118, la donna era già morta, la casa era completamente a soqquadro e i suoi aggressori erano fuggiti», conferma il capitano dei carabinieri, Giuseppe Loschiavo, sul luogo del delitto con il colonnello Giuseppe Cavallari e i militari della polizia scientifica.
Ma grazie alle testimonianze e alle dichiarazioni incrociate di sei persone informate sui fatti gli investigatori hanno individuato i presunti responsabili dell’omicidio: Vito Pagano, 30 anni, cameriere incensurato di San Salvo, e Kelmus Gelu, 31 anni, di origine romena. Sono accusati di omicidio volontario e rapina in concorso.
Pagano, messo sotto torchio prima dai carabinieri e poi in procura dal sostituto procuratore, Enrica Medori, ha negato per ore di essere l’assassino. Contro di lui alcuni indizi trovati dai carabinieri nel corso di una perquisizione domiciliare: un coltello e un paio di scarpe sporche di sangue. «Lui nega, ammette di essere entrato a casa di Albina Paganelli ma solo dopo l’omicidio e punta il dito contro il romeno», affermano i difensori, gli avvocati Fiorenzo Cieri e Clementina De Virgilis.
Gli abitanti di via Fedro sono sconcertati e sgomenti. Sono stati svegliati alle 2,20 dalle urla agghiaccianti che provenivano dalla casa della Paganelli. La donna, separata da anni viveva, sola al piano terra di un fabbricato senza intonaco. Il piano di sopra è in costruzione. La grata, fatta sistemare davanti alla finestra, non è bastata a proteggerla. Quando i carabinieri sono arrivati sul posto hanno trovato la porta di casa della donna aperta. Davanti all’ingresso c’erano diverse bottiglie di birra vuote e scatoloni rovesciati.
Il corpo di Albina era raggomitolato su un fianco in un bagno di sangue. Il medico del 118 non ha potuto fare altro che constatare il decesso. Il medico legale, Pietro Falco, incaricato dalla magistratura, ha trovato sul corpo della donna i segni di dieci fendenti.
Domani, alle 10, sarà eseguita l'autopsia nell’obitorio dell’ospedale San Pio. La Procura ha affidato l’incarico al dottor Falco.
I familiari della vittima, la figlia Concettina Cupaiolo, e il fratello Valentino Paganelli, noto e stimato imprenditore nonchè esponente di punta del Pd, hanno annunciato l’intenzione di costituirsi parte civile in un eventuale giudizio. A rappresentarli saranno gli avvocati Antonino e Giovanni Cerella. I due legali hanno chiesto che ad assistere all’autopsia per la parte lesa siano i medici legali Cristian D’Ovidio e Ivan Melasecca.
«Concetta quando ha saputo dell’omicidio è stata male», dicono i legali. Nè lei nè lo zio si danno pace. Tante volte avevano cercato di convincere Albina a non vivere più da sola. Tutto inutile. Albina dichiarava di stare bene da sola.
Si lamentava solo di qualche prestito fatto e mai riavuto indietro. Ma i presunti prestiti di denaro pare non c’entrino nulla con quanto accaduto. Probabilmente la donna si è svegliata di soprassalto e ha riconosciuto le persone che erano in casa. Uno dei loro ha perso la testa e ha colpito la poveretta.
Secondo i carabinieri potrebbe essere stato Pagano. Lui rigetta le accuse. Assicura che si tratta di un equivoco. La svolta alle indagini è arrivata grazie alla collaborazione di diversi testimoni. Alcuni vicini hanno visto gli assassini che si allontanavano dalla casa della povera Albina. La descrizione di quei giovani e della loro vettura ha permesso agli investigatori di indirizzare le indagini verso un gruppo di giovani che qualche ora prima si era preso gioco della donna.
Nel corso di una successiva perquisizione domiciliare i militari pare abbiano trovato a casa di uno dei due fermati un coltello e scarpe sporche di sangue. Sei le persone interrogate dai carabinieri. Una sola, Vito Pagano, alle 17 è stata accompagnata in Procura e messa sotto torchio da sostituto procuratore Medori alla presenza dei difensori. L’interrogatorio si concluso verso le 20,30.
Il magistrato ha prima ordinato una ricognizione fotografica. Alle 21,40 il magistrato ha firmato il fermo di polizia giudiziaria per Pagano ma anche per Gelu. Entrambi i giovani sono stati accompagnati nel carcere di Torre Sinello. Domani è prevista l’udienza con il giudice che deve decidere sul provvedimento di fermo di polizia giudiziaria.
Paola Calvano
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