Portavalori, furto da 450mila euro. Chiesti quattro arresti: coinvolti una guardia giurata e un ex vigilante

Assalto simulato a San Giovanni Teatino: c’è la svolta. Rischiano le manette una guardia giurata di Chieti, un ex vigilante di Picciano e due napoletani
CHIETI. La procura della Repubblica di Chieti chiede quattro arresti per il colpo da 450.000 euro al portavalori della ditta Battistolli messo a segno, lo scorso 13 dicembre, a San Giovanni Teatino. Gli indagati sono accusati di aver simulato l’assalto armato grazie alla complicità del vigilante alla guida del furgone; quindi, con una chiave duplicata in precedenza, avrebbero aperto le valigie contenenti il denaro per poi impossessarsi delle banconote. Il pubblico ministero Giancarlo Ciani vuole il carcere per la guardia giurata Walter Pardi, 56 anni, di Chieti, e per altre due persone ritenute direttamente coinvolte nell’azione criminale: l’ex vigilante Jacopo Di Matteo, 31 anni, nativo di Penne e residente a Picciano, e il napoletano Luigi Di Donato, 44 anni, domiciliato a Cappelle sul Tavo. Rischia di finire ai domiciliari, invece, Domenico Pollice, 42 anni, anche lui napoletano, residente a Spoltore, titolare di una ditta di autonoleggio a cui è riconducibile una delle macchine utilizzate durante il raid. Tutti devono rispondere di concorso in furto pluriaggravato, simulazione di reato e detenzione e porto in luogo pubblico di arma. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Chieti. Il giudice Andrea Di Berardino deciderà se emettere le misure cautelari dopo l’interrogatorio “preventivo” (introdotto dalla legge voluta dal ministro Carlo Nordio) al quale saranno sottoposti i quattro nei prossimi giorni.
In base alle contestazioni, all’inizio di dicembre, i responsabili del colpo hanno inscenato il furto di una Ford Puma. Quell’autovettura – sempre secondo le accuse – a distanza di pochi giorni, è stata poi usata per raggiungere l’area di servizio Ip di Sambuceto, accanto al Centro commerciale d’Abruzzo, nelle vicinanze dell’asse attrezzato che collega Chieti a Pescara, dove è stata simulata la rapina da parte di tre banditi armati di pistola ai danni di Pardi, mentre questi stava facendo rifornimento.
Le valigie che custodiscono i soldi sono dotate di un sistema che, in caso di forzatura, si attiva automaticamente e macchia le banconote. Per l’accusa, dunque, gli indagati hanno utilizzato per arrivare ai soldi una chiave illecitamente clonata in precedenza. Una chiave di cui Pardi, stando alla ricostruzione degli investigatori, avrebbe verificato il funzionamento lo scorso 23 novembre, quando – in un modo ritenuto del tutto anomalo – avrebbe mutato il tragitto del portavalori che gli era stato assegnato, raggiungendo una zona isolata di Chieti. Lì, con la chiave duplicata, avrebbe aperto una delle valigie trasportate, risultata essere proprio una di quelle portate via il 13 dicembre.
Di Donato – sempre secondo le accuse – è stato inguaiato dalle immagini dei sistemi pubblici di videosorveglianza sia in occasione dei furti (anch’essi considerati simulati) delle automobili impiegate per il colpo, sia la mattina del raid. Non solo: gli investigatori, nel corso delle indagini, hanno sequestrato nell’abitazione del napoletano oltre 10.000 euro, ritenuti provento del furto. A casa di Di Matteo, invece, i carabinieri hanno trovato 59.000 euro e oltre 4.000 dollari suddivisi in mazzette. Una serie di elementi emersi durante la perquisizione dello scorso febbraio fa mettere in relazione i soldi custoditi nel sottotetto a quelli spariti in occasione della rapina simulata. In primis, le banconote sequestrate dai militari dell’Arma erano riposte in una confezione di mascherine in dotazione ai dipendenti della Battistolli, da utilizzare in caso di attivazione dello spuma block del blindato. E la mattina dell’assalto, stando alla ricostruzione investigativa, quella confezione era stata affidata proprio al conducente del portavalori. I carabinieri sono arrivati all’ex guardia giurata scoprendo i contatti telefonici che, nei mesi e nelle settimane precedenti alla rapina, aveva avuto con alcuni co-indagati.
E non finisce qui: a inchiodare il trentunenne ci sarebbero anche i movimenti compiuti dalla sua automobile la mattina del colpo e ricostruiti attraverso le immagini dei sistemi di videosorveglianza pubblica. Gli indagati, che respingono le accuse, sono difesi dagli avvocati Antonio Scipione, Pasquale D’Incecco, Antonio Valentini, Gianluca Carlone, Danielle Marguerite Mastrangelo e Monica Triozzi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA