Filetto

Proprietario di casa ferito dal carabiniere, parla la moglie incinta: «Vivi per miracolo»

31 Dicembre 2025

Filetto, il racconto: «Ci siamo allontanati perché pensavamo che fossero finti militari. Noi siamo stati scambiati per ladri. Mio marito è ancora ricoverato, la pallottola gli è entrata dal fianco, ha attraversato il gluteo ed è arrivata fino all’altro»

FILETTO. «Siamo vivi per miracolo». È l’attacco di un incubo a occhi aperti, l’unica frase che riesce a restituire la misura del terrore vissuto lunedì sera in via Monte Amaro. Una strada di Filetto che si è trasformata, nel giro di pochi istanti, nello scenario di un evento dai contorni drammatici, dove il confine tra una serata ordinaria e la tragedia è stato tracciato dalla traiettoria di un proiettile. A pronunciare queste parole è la moglie ventottenne dell’ingegnere ferito, testimone oculare e vittima di uno choc profondo, seduta sul lato passeggero di quell’Alfa Romeo Stelvio colpita dal fuoco amico.

La vicenda si sviluppa in una sequenza rapida, ora al vaglio della procura di Chieti. L’automobile del professionista, un Suv rosso, era appena arrivata davanti casa, perché la coppia era stata allertata per un furto in corso. A premere il grilletto è stato un carabiniere, convinto di trovarsi di fronte ai ladri che avevano appena svaligiato la villa e che si stavano dando alla fuga. Un errore, un mancato riconoscimento nel buio della sera, che ha rischiato di avere conseguenze irreparabili.

A bordo dell’auto, seduta proprio accanto al guidatore, viaggiava infatti la donna, incinta al quinto mese. Lei è rimasta illesa, salvata dal caso, ma il marito, 38 anni, ha rimediato una ferita al gluteo: l’ogiva gli è stata estratta dai medici dell’ospedale Santissima Annunziata di Chieti, dove è stato operato nella serata stessa con una prognosi di 30 giorni.

Il militare sarà indagato, come atto dovuto, nell’ambito dell’inchiesta condotta dal pubblico ministero Marika Ponziani. L’indagine ha già portato al sequestro dell’automobile e della pistola d’ordinanza del carabiniere. Decisiva, per la ricostruzione dell’episodio, sarà l’analisi del video registrato dal sistema di sorveglianza della villa, che mostra il carabiniere in strada puntare l’arma verso l’automobile e fare fuoco al passaggio del Suv, colpendo la portiera. Ma, al di là della fredda cronaca giudiziaria, resta il racconto vivo e tremante di chi ha temuto per la propria vita.

Come si sente adesso, a poche ore da quei fatti?

«La paura non passa, non credo passi per adesso. È stato uno choc assurdo. Un magone, una cosa brutta che ho dentro. È un incubo, e tuttora lo è. Mi sono vista quelle facce brutte dalle telecamere, ho rivisto tutta la notte le riprese dei ladri che saltano a destra e a sinistra. E poi la scena in strada. Siamo miracolati, lo dico davvero. Poteva essere una strage. Poteva capitarci chiunque al posto nostro, anche un bambino seduto dietro. Potevo esserci io alla guida, poteva prendere me...».

Riavvolgiamo il nastro. Tutto inizia con una segnalazione mentre eravate fuori casa.

«Sì, non eravamo in casa in quel momento. Siamo stati allertati non direttamente dall’agenzia di sicurezza, ma da una telefonata proveniente da un numero fisso. Ci dicevano che c’erano degli intrusi. Abbiamo controllato il telefono e, tramite le telecamere, abbiamo effettivamente visto una persona incappucciata davanti al portone, con il passamontagna. Eravamo in macchina e siamo risaliti subito per raggiungere l’abitazione».

Poi cosa è accaduto?

«Abbiamo chiamato il 112 dicendo che avevamo visto qualcuno, anche se non sapevamo se fossero già entrati o meno. La nostra preoccupazione era fortissima perché in casa, al piano di sotto, c’erano i miei suoceri, i genitori di mio marito. Lui ci ha parlato al telefono per accertarsi che stessero bene».

La situazione alla villa era confusa. Voi sapevate dove fossero i ladri?

«I ladri poi abbiamo scoperto che sono entrati al piano superiore, ma in quel momento noi non avevamo certezze. Non sapevamo se stessero sopra o sotto. Abbiamo detto alle forze dell’ordine: “Sì, ci sono, mandate qualcuno a controllare”. Noi ci siamo precipitati lì».

L’arrivo in via Monte Amaro è il momento cruciale. Cosa vedete?

«Quando siamo arrivati davanti all’abitazione vediamo due persone con la tuta nera. Una distante dall’altra. Deceleriamo. Alla prima persona diciamo: “Siamo i proprietari di casa”. Il problema è che io non ho visto la macchina dei carabinieri, non c’era lì davanti. Dico a mio marito: “Amore, la macchina qua non ci sta, ma che ne sappiamo chi sono questi? Che sono venuti a piedi?”».

Quindi avete avuto il dubbio che non fossero veri carabinieri?

«Sì, perché la loro macchina non c’era. Solo dopo abbiamo scoperto il motivo: inizialmente erano andati in un’altra abitazione, quella dei vicini, pensando fosse quella la casa giusta. Quindi avevano parcheggiato lì. Ma in quel momento noi vedevamo solo queste figure scure. Temendo potessero essere malintenzionati o falsi carabinieri, abbiamo ripreso a camminare».

Ed è qui che scatta l’irreparabile.

«È stata roba di frazioni di secondo. Una cosa veloce. Ripartiamo, continuiamo a camminare ed ecco che il secondo carabiniere apre il fuoco. Mentre l’auto avanzava, lui ha sparato. Mio marito stava guidando. Si è sentito il botto e lui si accorge subito di essere stato colpito, mi fa: “Cavolo, mi hanno preso!”».

Cosa succede nell’abitacolo in quei secondi frenetici?

«Giriamo, lì c’è una curva. Finalmente scorgiamo la macchina dei carabinieri. Ci fermiamo. Io scendo dalla nostra auto con le mani in alto, urlando: “Sono la moglie! Ma che c... sparate?!”. Loro ci sono venuti incontro correndo verso la macchina dei carabinieri dove noi pure eravamo parcheggiati».

La sua reazione immediata è stata di alzare le mani?

«Sì, avevo paura che continuassero a sparare anche a me. Mi sono sentita al sicuro nel senso di scendere dalla macchina solo quando ho visto che c’era quella dei carabinieri. Perché si sentono tante di queste truffe, “siamo carabinieri”. E quindi non ho girato verso casa, non sono entrata. Non sapevamo se c’erano ancora i ladri, non sapevamo se i carabinieri erano arrivati, non sapevamo niente. È stato proprio brutto. Ho chiamato subito io i soccorsi, il 112 l’ho chiamato immediatamente io».

Ora suo marito come sta?

«La pallottola gli è entrata dal fianco, ha attraversato il gluteo ed è arrivata fino all’altro gluteo. Diciamo che la macchina ha un pochettino attutito, perché comunque il carabiniere ha sparato ad altezza del fianco, non in aria, non per terra. Poteva prendere chiunque. Chissà se si è fatto prendere dall’adrenalina, non lo so da cosa. E ha aperto il fuoco. Nonostante noi avessimo anche detto che eravamo i proprietari di casa al primo carabiniere».

Quanti erano i ladri?

«Dai video ne vedo due, ma erano di più perché nel frattempo hanno anche rubato dentro. Hanno portato via i soldi e altre cose che adesso ancora dobbiamo verificare bene, perché mi fa male solo pensarci. Poi si è attivato anche il fumogeno, ma molto dopo. Loro hanno avuto tempo di rubare. Ho letto su internet che qualcuno ha scritto che i ladri sono stati allontanati dai cani e dai fumogeni, ma questo non è vero. Quelli sono scappati e basta».

L’impatto psicologico di un evento simile è devastante.

«Oltre al danno, la beffa. Hai i ladri in casa, quindi stai super agitato. Arrivi lì davanti all’abitazione e dovresti sentirti un minimo protetto, e invece no, ti aprono il fuoco. Le dico solo questo: stasera, tornando dall’ospedale dove ero andata a trovare mio marito, c’era il posto di blocco dei carabinieri sulla statale. Ho avuto un po’ di paura».

Riguardo al carabiniere che ha premuto il grilletto, c’è stato un chiarimento?

«Questa è una domanda che mi è stata già fatta da amici. Il carabiniere che ha sparato non mi ha chiesto scusa. Gli altri però devo dire di sì, sono stati molto gentili. Assolutamente. Sicuramente sarà mortificato. Cioè, credo e spero, immagino di sì».

Come spiega razionalmente, se è possibile farlo, quello che è successo?

«Secondo me lui è stato tratto in inganno dal fatto che si sapeva che c’erano i ladri, quindi si era spaventato. È un’abitazione molto grande, in mezzo alla campagna, c’è un giardino. Si è fatto prendere dall’agitazione, non posso pensare ad altro. Sicuramente non aveva capito che eravamo i proprietari. Una cosa è certa: un episodio simile te lo aspetti in America magari, ma non in Italia, non a Filetto. Un’ultima cosa».

Prego.

«Mio marito è ancora ricoverato, diciamo che è andata bene così. Possiamo dirci miracolati. Ma la paura, quella non passa».

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