Il polo cardiologico dell'ospedale di Chieti (il Centro)

CHIETI

Scandalo della Cardiochirurgia, arrestati il primario e tre imprenditori

Corruzione e omicidio colposo per un paziente che poteva essere salvato. Ai domiciliari Di Giammarco, sospesi il suo "aiuto" Marinelli e un altro medico. Gli indagati anche a Padova, Ascoli, Macerata e Teramo e Vicenza. L'accusa: "Lucravano sulla forniture della valvole cardiache". Favori in cambio di viaggi, cene e lavori negli uffici

CHIETI. Divampa lo scandalo delle forniture e valvole cardiache alla Cardiochirurgia di Chieti. E' stata chiamata "Cuore aperto" ed è l'operazione condotta dalla guardia di finanza che ha scoperchiato dieci anni di corruzione nella fornitura di materiali e dispositivi utilizzati nella Cardiochirurgia dell’ospedale clinicizzato e portato agli arresti domiciliari il primario del "Polo del cuore" del policlinico Gabriele Di Giammarco già sospeso da un provvedimento per un'altra inchiesta e tre imprenditori delle Marche, di Teramo e Pescara. 

Le accuse sono di corruzione, falso, turbativa d’asta e omicidio colposo per una maxi frode sulla spesa sanitaria. Ad altri due medici _ Tommaso Bottio di Vicenza, e Daniele Marinelli, 36 anni di Teramo, dirigente medico della Cardiochirurgia di Chieti _ è stata notificata la misura interdittiva della sospensione temporanea per 12 mesi dalla professione sanitaria.

Gli altri indagati. Ai domiciliari oltre a Di Giammarco sono finiti: Maurizio Mosca, 63 anni, di Macerata, imprenditore rappresentante legale della Mosca srl fornitrice e distributrice di valvole cardiache e socio della Medisur srl operante nella distribuzione dei altri apparati medicali, impegnato in politica nel Comune del capoluogo marchigiano; Antonio Pellecchia, 57, di Teramo, imprenditore e commerciante all’ingrosso di dispositivi medicali; Andrea Mancini, 46 anni di Pescara, dipendente di Pellecchia. Per tutti il Pm aveva chiesto il carcere. Indagata anche l’attuale direttrice amministrativa dell’Asl di Chieti Giulietta Capocasa, 62 anni, all’epoca dei fatti dg facente funzioni, accusata di abuso d’ufficio in relazione all’acquisto di un macchinario (Heart Mate 3) da 95mila euro in assenza, tra l’altro, di un preventivo, di una attestazione in ordine alla unicità del prodotto e di una delibera.

Il primario Gabriele Di Giammarco

La Finanza ha scoperto che le valvole cardiache sono state acquistate per anni a prezzi superiori a quelli di mercato e che in cambio il primario della Cardiochirugia avrebbe ottenuto viaggi di piacere a Cuba, e lavori di ristrutturazione del suo ufficio in ospedale dagli stessi imprenditori che fornivano i dispositivi. Lavori che sarebbero costati 27mila euro per l'ufficio e 14mila euro per il bagno. L'omicidio colposo viene ipotizzato perché un paziente della Cardiochirugia sarebbe potuto essere salvato.

L'operazione. L'ordinanza di custodia firmata dal giudice per le indagini preliminari di Chieti su richiesta della Procura è stata eseguita dai militari del Comando provinciale di Chieti insieme ai colleghi delle province di Pescara, Teramo, Macerata, Ascoli e Padova. Sono state effettuate perquisizioni domiciliari e personali nei confronti degli indagati.

Le indagini. In una nota viene spiegato che le indagini hanno accertato il "consumo anomalo e spropositato delle protesi cardiache e di altri dispositivi medici che venivano approvvigionati dall’Asl 2 Chieti al di fuori di qualsiasi procedura di evidenza pubblica, a prezzi più elevati rispetto ad altre aziende sanitarie e che sovente venivano lasciati inutilizzati, lasciati scadere o sperperati di proposito, per fare lievitare il volume degli acquisti dell’Asl e dunque i guadagni delle imprese fornitrici". Da intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video sarebbe emerso lo scandalo delle valvole cardiache.

Il sistema corrotto. Quello che le fiamme giale chiamano "un articolato fenomeno di corruzione sistemica che era stato posto in essere dal primario di quel reparto sin dal 2011, attraverso la predisposizione di richieste di acquisto di protesi cardiache attestandone la necessità e l’urgenza mediante false dichiarazioni di infungibilità del prodotto". Le protesi venivano così acquistate mediante procedura negoziata (fuori bando di gara) e in conto deposito nell’arco di diversi anni.

L'inerzia della Asl. Ma l'indice viene puntato anche contro l'azienda sanitaria che per circa 10 anni (dal 2009 al 2019) non ha mai espletato alcun bando di gara pubblica per l’acquisto di materiali e dispositivi medici per le necessità della Cardiochirurgia. Uno stato di inerzia durato fino al 2019 quano l'Azienda si "sveglia" e finalmente autorizza la procedura per l’espletamento di una gara pubblica del valore di oltre 3 milioni di euro. Ma anche qui, sempre secondo quanto emerso dalla Finanza, sono state accertate ulteriori condotte illecite da parte del primario. Questa volta Di Giammarco si sarebbe operato per "influenzare" la scelta dei contraenti mediante "indebite pressioni nei confronti delle persone incaricate di redigere il capitolato tecnico della gara con il precipuo fine di favorire alcune ditte".

La sede del Polo cardiologico di Chieti (il Centro)

Gli imprenditori-amici. Rapporti di conoscenza e di amicizia: la Finanza avrebbe documentato le frequentazioni tra il primario ed alcuni imprenditori che distribuiscono, per conto di società multinazionali, proprio quelle protesi e quei dispositivi medici che venivano acquistati con procedura negoziata. E che popi secondo l'accusa venivano utilizzati in misura deliberatamente sproporzionata rispetto alle reali esigenze.

La collaborazione con il Dg. Gli investigatori hanno cercato riscontro anche anche dal punto di vista contabile-amministrativa e a questo tipo di indagini ha collaborato il direttore generale della Asl. E le protesi cardiache oggetto di indagine non solo sono risultate il dispositivo maggiormente utilizzato negli anni compresi tra il 2012 e il 2019, ma anche quelle più onerose per l’Azienda pubblica per un importo complessivo di oltre un milione e mezzo di euro quando sul mercato pare che fossero presenti analoghe tipologie di valvole a costi inferiori ed inserite all’interno del preesistente bando di gara del 2009.

Scavando nel passato, è stato scoperto che la modalità di approvvigionamento delle protesi erano talmente consolidate nel tempo che per gli ordini di acquisto si faceva sempre rinvio ad una delibera del direttore generale risalente al 2011, delibera che eludeva tutte le procedure ad evidenza pubblica attraverso la falsa attestazione che si trattasse di un prodotto necessario ed "infungibile", a suo tempo redatta dallo stesso primario.

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Il patto corruttivo. La Finanza indica nella remunerazione del "patto corruttivo" la fornitura da parte dell'imprenditore delle valvole cardiache in favore del primario del mobilio necessario per arredare il suo studio personale nell'ospedale (per un valore di 27mila euro circa). Inoltre, nel tempo, sono stati ulteriormente documentati, quale presunto prezzo per il “pactum sceleris” oltre a regalìe varie, cene, viaggi e soggiorni all’estero.

Il secondo imprenditore. Per quanto riguarda l’acquisto di altri dispositivi medici, il primario è accusato di aver instaurato rapporti confidenziali anche con un secondo imprenditore. I loro incontri si sarebbero svolti esclusivamente al di fuori degli ambienti ospedalieri, in ristoranti o in occasione di viaggi all’estero. E la Finanza fa notare come anche il secondo imprenditore, che opera nel settore della distribuzione di materiali e apparati medici, avesse effettuato forniture alla Cardiochirurgia di Chieti, per oltre un milione di euro in tre anni (dal 2017 al 2019). E che il primario, avrebbe nel frattempo beneficiato di alcuni lavori.

Il bagno da 14mila euro e i viaggi a Cuba. La Finanza e la Procura sospettano che rappresentino la contropartita delle forniture. Si parla infatti della fornitura, dell’acquisto e posa in opera della pavimentazione in “parquet” di tutta l’area (circa 200 mq) dello studio ospedaliero a suo esclusivo uso e dell’allestimento dell’annesso bagno (per un valore complessivo pari a 14mila euro circa), oltre a diversi viaggi e soggiorni a Cuba ed al pagamento di numerosi incontri conviviali in rinomati ristoranti della riviera adriatica. I contatti tra il primario e quest’ultimo imprenditore avvenivano anche attraverso un agente di commercio della predetta società. Anche in questo rapporto sarebbero stati rilevate ulteriori indebite dazioni di utilità varie, quali ad esempio i pagamenti per la riparazione ed al posteggio della barca di proprietà del primario.

Il secondo filone: la macchina che non serviva. Un ulteriore filone investigativo che vede coinvolto il primario del reparto di cardiochirurgia riguarda l’acquisto, con procedura d’urgenza, per una spesa di circa 95mila euro, di una nuova macchina per assistenza ventricolare denominata Heart Mate 3, sebbene il reparto disponesse di altre due apparati similari. L’acquisto di tale “device” è stato giustificato dalla necessità ed urgenza di un intervento su un paziente il cui quadro clinico sarebbe stato talmente compromesso da non potersi prevedere altra soluzione terapeutica. Il paziente è poi deceduto alcuni giorni dopo l’intervento. In realtà, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini e sulla base anche di una consulenza tecnica disposta dalla Procura di Chieti, il paziente non solo non era in condizioni di gravità tali da dover essere sottoposto a simile intervento, ma risultava piuttosto candidabile ad una operazione di trapianto presso un centro specializzato. Secondo le indagini, l’acquisto del macchinario sarebbe stato disposto in assenza di una obbligatoria valutazione del comitato etico-scientifico e inducendo in errore il direttore generale facente funzioni pro-tempore dell’Asl. La macchina pare che fosse stata fortemente voluta dal primario. E questo, sempre secondo l'accusa, per consentire ad uno dei due imprenditori-amici di avviare un “nuovo esclusivo canale” di distribuzione. Anche in questo caso sarebbero stati accertati e documentati contatti tra il primario, il direttore commerciale dell'azienda produttrice della macchina, un cardiochirurgo dell’ospedale di Padova e l’imprenditore.

La Procura definisce "un patto corruttivo consolidato nel tempo" quello che avrebbe stretto per anni la Cardiochirurgia di Chieti: "tutti i soggetti coinvolti ne hanno illeciti vantaggi a spese della collettività ed in danno del sistema sanitario nazionale".

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