Sfila la rabbia dei tartassati

I negozianti riconsegnano le chiavi, Di Primio s’infuria per il manifesto del pistolero
CHIETI. «Basta tasse. Non possiamo continuare a fare da bancomat ai Comuni del territorio». I commercianti di Chieti e provincia protestano per l’ormai insostenibile pressione fiscale, peggiorata dall’introduzione della nuova imposta sui rifiuti, la Tares, sfilando in oltre trecento lungo corso Marrucino mentre il sindaco, incalzato da un manipolo di esercenti che ha consegnato al primo cittadino, simbolicamente, le chiavi delle proprie attività commerciali, si difende. «Non sono il pistolero della Tares come qualcuno vorrebbe far credere alla cittadinanza con un’iniziativa di dubbio gusto». Il riferimento è tutto ad un manifesto piuttosto forte, già affisso in città, a firma del circolo cittadino di Chieti Alta del Pd che ritrae un pistolero con la faccia del sindaco accompagnato dallo slogan: “Bomba Tares su Chieti. Il centrodestra salassa i teatini”. Pierluigi Barone, coordinatore del circolo, precisa. «Mi scuso a nome di tutti se qualcuno si è sentito offeso». Ma il malumore sulla Tares, che in alcuni casi ha triplicato i costi della vecchia Tarsu, è reale specie tra i commercianti. Che, non a caso, sono scesi in piazza per una manifestazione promossa, per la prima volta in maniera congiunta, dalle associazioni di categoria Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani. L’appuntamento era per le 11 in piazza Vico.
Nel cuore di un centro storico dove continua inesorabile la moria dei negozi al dettaglio. Alla spicciolata sono arrivati in tanti con bandiere e striscioni al seguito. «Molti commercianti dello Scalo», dice Roberto Di Cicco di Confcommercio, «hanno chiuso i negozi pur di esserci».
Anche i colleghi del Colle hanno risposto presenti all’appello. Serrande abbassate, in segno di protesta, da Ribò, Capitanio sport, bar Vittoria e Perseo. A fare da apripista al corteo, il movimento dei Forconi teatini che, ricordando come le colpe principali siano da imputare al Governo centrale, hanno issato uno striscione eloquente. “Politici ladri, Stato assente, paga solo la brava gente.” A stretto giro il corteo, composto e pacifico, ha iniziato a muovere i primi passi lanciando cori da stadio con l’ausilio di due megafoni che venivano passati tra i presenti. Sono stati scanditi a più riprese slogan del tipo “basta tasse” e un emblematico “non paghiamo più” urlato a squarciagola da tutti.
Il corteo avanza spedito fino all’altezza dell’ex Banca d’Italia, sede provvisoria del Comune. Nei vicini portici è stata allestita una postazione audio per dare spazio ad una serie di interventi. «Diciamo basta agli aumenti delle tasse», afferma Lido Legnini, direttore provinciale Confesercenti Chieti, «perché la categoria non ce la fa più. Il nostro malumore parte dalla Tares applicata nella città capoluogo».
Dello stesso avviso Savino Saraceni, presidente provinciale di Cna, Marisa Tiberio, presidente provinciale Confcommercio, Amerigo Di Bucchianico, presidente di Casartigiani e Daniele Giangiulli, direttore di Confartigianato. La parola, poi, è passata ai commercianti. Michele Calvi ha stigmatizzato l’assenza delle istituzioni locali lamentando le annose problematiche della città. Un altro cittadino ha denunciato la desertificazione progressiva del capoluogo teatino mentre Marcello Pescara, consigliere del cda della Chieti solidale, ha tacciato l’amministrazione comunale di lassismo. Nel frattempo è continuata frenetica la consegna delle chiavi delle attività commerciali poi recapitate al sindaco da un gruppo di agguerriti esercenti.
Il sindaco ha spiegato: «Non è stato possibile rateizzare la Tares perché abbiamo dovuto iscrivere nel bilancio 2013 oltre 3 milioni di euro per le spese di chiusura della discarica di Casoni che dovevano essere accantonate dal 2007. So che non avremo questi soldi perché la gente non può pagare ma i sindaci», dice Di Primio, «sono i capri espiatori di scelte del Governo. Io sono con voi».
Jari Orsini
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