Sgominato il clan delle estorsioni

Seminava terrore con pestaggi e incendi di auto: 5 arresti e 4 denunce

VASTO. Per i suoi uomini, ma anche per le vittime era "don Peppino". Bastava pronunciare il suo nome per provocare panico e terrore. In città era risaputo. Chi voleva riscuotere denaro era a lui che doveva rivolgersi. Ieri mattina, nel giorno del suo onomastico, "don Peppino", al secolo Giuseppe Ventrella, 49 anni, ha ricevuto la visita degli agenti della polizia.

L'uomo è accusato di essere a capo di una associazione a delinquere piramidale dedita all'estorsione a al traffico di sostanze stupefacenti, ma anche minacce aggravate, lesioni personali e prostituzione. Con lui su disposizione del gip, Caterina Salusti, sono finiti in carcere i collaboratori più stretti, il figlio Ruggero, 26 anni, Valdimir Jari Pellerani, 26 anni, Petrica Calderas, 53 anni, di origine romena, e Luigi D'Adamo, ex priore della confraternita del Santissimo Sacramento. Altre 4 persone - fra loro la compagna di Ventrella - sono indagate.

L'operazione, denominata "Crash", alla lettera "schianto", condotta all'alba da più di trenta agenti del commissariato di Vasto e della questura di Chieti, ha sgominato una banda che da mesi seminava il terrore nel territorio. Decine le vittime dei pestaggi ricoverate in ospedali di fuori regione, oltre 50mila euro di cambiali sequestrate insieme a un piccolo arsenale: un ascia, che Pellerani teneva sotto il cuscino mentre dormiva, cinque katane ossia gli spadini giapponesi, un bastone telescopico, una carabina ad aria compressa. E ancora droga e bilancini di precisione.

Tre le estorsioni accertate, altrettanti gli incendi dolosi di autovetture. «Il sogno e anche il progetto di Ventrella e della sua banda era colpire la polizia massacrando di botte gli agenti. Parlando al telefono con alcuni collaboratori, Ventrella ha rivelato di avere un desiderio: sparare a un poliziotto prima di morire», ha sottolineato il questore, Alfonso Terribile che ha diretto personalmente l'operazione insieme al dirigente del commissariato, Cesare Ciammaichella.

«La caratteristica della gang era la particolare cattiveria che in qualche caso diveniva ferocia. Costringevano con la violenza molti giovani a commettere reati. Estorcevano denaro armati di bastoni e quando non bastavano quelli spuntavano fuori le spade. Chi si ribellava o non sottostava ai ricatti veniva massacrato di botte», rimarca Ciammaichella.

Il ruolo di riscossore era spesso affidato a Luigi D'Adamo, ex priore di una confraternita cittadina. Un insospettabile. «Quest'ultimo, approfittando della fiducia che i cittadini avevano in lui, li raggirava vendendo terreni e beni della Curia», sottolinea il vice questore. Per riuscire ad incastrare Ventrella e i suoi uomini ci sono voluti sei mesi di intercettazioni telefoniche e pedinamenti.

Le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore Giancarlo Ciani. «E grazie alle intercettazioni abbiamo scoperto che la banda stava organizzando un grosso giro di prostituzione con giovani straniere», aggiunge il dirigente del commissariato. «Il passo successivo sarebbe stato quello di dare all'associazione un'impronta di stampo mafioso», sostiene il funzionario.

L'indagine non è affatto conclusa. Al contrario, gli investigatori sono convinti di avere alzato il coperchio su un inquietante intreccio malavitoso che potrebbe portare in carcere molte altre persone. «Gli arrestati per almeno cinque giorni non potranno vedere i difensori», rimarcano gli investigatori. Ventrella e i suoi presunti complici resteranno fino ad allora in isolamento.

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