Università D’Annunzio, fuggi fuggi dall’ufficio del Personale a Chieti

In 4 su 5 chiedono il trasferimento dopo la delibera sulla rotazione dei lavoratori I sindacati scrivono ai vertici dell’Ateneo: la situazione è diventata insostenibile

CHIETI. Fuggi fuggi dall’ufficio del Personale dell’università d’Annunzio. Quattro dei cinque impiegati hanno fatto contemporaneamente richiesta di trasferimento e la notizia si è diffusa velocemente scoperchiando il calderone sull’ennesima situazione di malessere vissuta dai dipendenti dell’università.

Si sono mossi ufficialmente anche i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Csa Cisal e della rsu con una dura lettera inviata al rettore Carmine Di Ilio, al direttore generale Filippo Del Vecchio e ai membri di Senato accademico e Consiglio d’amministrazione, a firma dei sindacalisti Marita Agnifili e Lidia De Biasi (Flc Cgil), Gianluca Di Sante e Lucia Mazzoccone (Cisl Università), Goffredo De Carolis e Antonio Pellegrini (Csa Cisal) e del coordinatore della Rsu, Luigi Fusella.

«Il problema delle difficoltà patite dal personale di questa università era già stato sollevato da queste sigle sindacali con una denuncia pubblica del primo giugno 2016», scrivono i sindacati, «alla quale, però, non è stata data nessuna attenzione e che è stato invece confermato nella sua gravità dal contenuto dell'avviso interno per la “mobilità di 4 unità presso settore Personale non docente” trasmesso in allegato a tutto il personale con una mail del primo dicembre scorso».

L’avviso della direzione ha scatenato il risentimento delle forze sindacali perché fa riferimento a «direttive in materia di anticorruzione riguardanti la opportuna rotazione del personale operante all’interno delle aree maggiormente a rischio», un riferimento che i sindacati hanno letto come il tentativo di «mettere una pezza» su «una situazione di gravissima difficoltà lavorativa subita da chi ha chiesto di andarsene».

A detta delle forze sindacali «non esiste nessun tipo di direttiva che imponga la rotazione del personale di categoria C senza incarichi di responsabilità, quantunque assegnato ad un ufficio “a rischio”.

Tutto questo dimostra ancora una volta che la legittimità e la trasparenza invocate dalla direzione generale a fondamento dell’esercizio dei propri poteri sono totalmente strumentali».

La lettera si chiude con la richiesta fatta al rettore, al Senato accademico e al Cda di «fermare questa insostenibile situazione». (a.i.)