Vigili del fuoco morti: il collega Gabriele Buzzelli, salvo per miracolo, è stato ore nell’acqua gelida

foto di Giuliano Ferrari
L’uomo, 38 anni, è ricoverato al policlinico di Chieti per ipotermia. Ha tentato di disincagliare Capone: «Sto bene, ma non voglio raccontare»
CHIETI. «Sì, sto bene. Ma non me la sento di raccontare quello che è successo». Sono passati pochi minuti dopo le ore 13, l'ospedale Santissima Annunziata apre le porte per la visita degenti e il vigile del fuoco Gabriele Buzzelli ha lasciato la sua stanza per trovare conforto nella vicinanza della compagna, nella piccola sala d'attesa del reparto.
Buzzelli, 38 anni, fino alla fine ha tentato di salvare la vita all'amico e collega Emanuele Capone rimasto incastrato con una gamba tra le rocce nel corso di una escursione mercoledì scorso in una forra del Balzolo, a Pennapiedimonte. Erano in quattro, volevano allenarsi fuori dal servizio, due di loro, Nico Civitella, trascinato dalla forza della corrente del fiume Avello, ed Emanuele Capone, rimasto incastrato nella roccia, non sono più riusciti a tornare vivi a casa.
Gabriele, teatino doc e figlio di un vigile del fuoco, è rimasto con il collega Emanuele nel tentativo vano di disincastrarlo, rischiando lui stesso la vita. È ricoverato in ospedale a causa dei problemi legati all'ipotermia subita nel corso del disperato salvataggio. Verrà dimesso a breve. È ricoverato nel reparto di Malattie infettive, ma solo perché non c'era un letto libero in altri reparti.
Il reparto tristemente affollato durante l'emergenza Covid, adesso è il più vuoto del policlinico. Appena si aprono le porte per la visita parenti, lui lascia liberamente la stanza e va in sala d'attesa. Ad aspettarlo c'è la compagna. Si siedono stretti l'uno accanto all'altro vicino a una finestra al sesto piano dell'ala dell'ospedale che ospita Malattie infettive. È un vigile del fuoco, come suo padre Alessandro, e sa bene cosa significa il pericolo.
“Un giorno senza rischio è non vissuto”, recita la preghiera dei vigili del fuoco, ma questa volta è diverso. Il corpo tonico, la pelle tirata di chi è abituato all'esercizio fisico, adesso coperta da svariati cerotti, Gabriele riesce a dire solo che si sente bene.
Ai soccorritori ha raccontato che è rimasto per diverso tempo immerso nell'acqua gelida, nel tentativo disperato di disincagliare il collega con la gamba incastrata tra le rocce. Erano scesi, correttamente imbracati con le corde, lungo una parete verticale di decine e decine di metri. Strettissima. Probabilmente non ci si attendeva una portata d'acqua così forte e travolgente. La passione per la montagna l'ha sempre avuta e, anche con l'esperienza da vigile del fuoco, la conosceva bene e sapeva come affrontare imprevisti e difficoltà.
Tutti e quattro erano escursionisti esperti. L'attaccamento a quello che più che un semplice lavoro è una vera e propria vocazione, fa sì che spesso, al di fuori del servizio, si decidesse di fare una seduta di allenamento in luoghi impervi. Ed è così che Gabriele, Nico, Emanuele e Giulio De Panfilis, terminato il turno di servizio, vanno alla volta di Pennapiedimonte per un allenamento extra in quella giornata che resterà per sempre maledetta. Le escoriazioni guariranno presto, l'aver visto morire un amico è una ferita dell'anima difficile da superare.
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