Comunicato Stampa: “Frammenti di un’anima”, il poeta come folle e veggente attraverso la vertigine del senso

28 Giugno 2025


“Frammenti di un'anima” è un itinerario lirico senza sconti e senza freni, che apre il sentiero a una precipitosa discesa dove la parola si fa abisso e balsamo, fenditura e specchio. In questa raccolta poetica firmata da Salvatore Assennato e pubblicata per il Gruppo Albatros il Filo , l’io lirico si muove tra oscurità e vertigine, animato dal bisogno estremo di significare l’indicibile. Non vi è catarsi né epifania, semmai una stratificazione dolorosa di immagini, ossessioni, riflessioni che restituiscono la complessità di un’esistenza in lotta con il tempo, la memoria, il dolore. Assennato, appassionato e studioso di musica e filosofia, sembra posizionarsi sulla soglia di un oracolo interiore , con una voce che trema di pathos e disillusione, per aprire una feritoia nella visione più limpida del reale. La sua è una scrittura che nasce dall’urgenza di trovare un senso al caos attraverso il gesto lirico , anche quando la risposta è incompleta e frammentaria.
Lo stile poetico di Assennato è un corpo a corpo con la parola. La torce, consuma e la asciuga fino all’osso, è una lingua scorticata e priva di ornamenti, e proprio per questo tanto più incisiva. Nessuna fuga nella metafora melliflua, nessun estetismo ricamato: la poesia qui si fa carne e abisso . Ogni verso sembra sorgere da un punto di collasso, da una fenditura dell’essere in cui lo psichico, lo spirituale e il corporeo si intrecciano in modo indissolubile. Non c’è, in "Frammenti di un’anima", l’illusione che si possa spiegare l’inquietudine: c’è la volontà, forse vana ma disperatamente necessaria, di abitarla. Le tonalità sono cupe, plumbee, dominate da immagini che attingono all’inconscio e al simbolico: la notte, le ombre, il sangue, il delirio, il silenzio. Eppure, proprio in questa oscurità, si accende una forma di conoscenza: come se solo il linguaggio poetico potesse restituire, a chi sa ascoltare, l’eco di ciò che nel mondo ordinario rimane inudibile.
Al centro della raccolta vi è un tema che, da Artaud a Foucault, attraversa la modernità come un fiume carsico: la follia . Non la follia medicalizzata, bensì quella esperienza radicale che dissolve la maschera dell’Io e scardina l’ordine del discorso. In "Frammenti di un’anima", la follia è chiave ermeneutica, specchio rovesciato e punto di accesso a un altrove dove il linguaggio razionale non ha più presa. Come accade nel teatro della crudeltà di Artaud, anche qui la parola è lacerazione e verità che esplode dal fondo del corpo, non ornamento né enunciazione logica. Ma Assennato si spinge oltre: fa della follia un’episteme poetica, un metodo per leggere il mondo e sé stessi. La figura del poeta coincide con quella del folle: entrambi portatori di un sapere esiliato, entrambi condannati a dire ciò che gli altri temono, entrambi abitanti di un confine instabile. Il richiamo a Hölderlin, che toccò le vette dell’estasi prima di precipitare nella catatonia, è inevitabile. Così come lo è a Nietzsche, il cui pensiero tragico si nutriva proprio dell’“ebbrezza di fondo” che solo il folle conosce. Assennato, in questo solco, ci consegna un’opera che non cerca salvezza, ma si appiglia con tutte le sue forze al mondo, seppur corrotto.
La solitudine in questo senso diventa il fondale necessario dell’esperienza poetica. Non esiste un “noi” che possa offrire conforto: il poeta è, costitutivamente, solo. Questa solitudine è il punto zero dell’esistenza, la soglia da cui può iniziare un’autentica esplorazione del sé. Ogni componimento è un atto di immersione nell’interiorità, dove il mondo esterno viene filtrato e dissolto in immagini crude, a volte brutali. In questa immersione, il poeta si muove tra due polarità: la disperazione , che gela la parola, e la speranza , che la riaccende. Non si tratta di un ottimismo consolatorio, ma di un fragile barlume che sopravvive proprio nella consapevolezza del vuoto. È in questa dialettica che il testo prende forma, in un continuo rispecchiarsi nella domanda “chi sono?” che attraversa tutta l’opera.
La ricerca della verità personale si configura come l’unico orizzonte possibile dell’itinerario poetico di Assennato. La sua verità, tuttavia, non è mai né assoluta né rassicurante: è mutevole e sfaccettata, che si dà solo per frammenti, come recita il titolo stesso dell’opera. L’autore ci conduce in questa caccia al significato con l’urgenza di chi non scrive per ornare il mondo, ma per comprenderlo, forse per salvarsi. E proprio qui il dato biografico si salda con quello simbolico: la scrittura diventa autobiografia mascherata, confessione trasfigurata, dove la concretezza delle esperienze personali si scioglie in immagini archetipiche e simboli collettivi. 
Accanto alla profondità speculativa, la raccolta stupisce per la sua dimensione sensoriale e visionaria . Il lettore è trasportato oltre la realtà tangibile, verso un altrove che si costruisce nei dettagli percettivi più acuti. Assennato scrive come se vedesse ciò che non si può vedere, come se toccasse le ombre, ascoltasse i vuoti, annusasse il tempo. È un vedere interiore, che brucia senza mai illuminare del tutto. La poesia, dunque, è il doppio dell’esistenza , il suo specchio deforme, a volte atroce, sempre riconoscibile. “Frammenti di un’anima” ribadisce che la letteratura nasce dal dolore e, in questo senso, l’autore si pone nella scia dei poeti che hanno fatto del loro tormento uno strumento per parlare al mondo. Pensiamo a Sylvia Plath, a Paul Celan, a Fernando Pessoa: ciascuno, a suo modo, ha usato il verso come scudo per proteggersi della dissoluzione dell’io. Così anche Assennato, nel suo grido a volte strozzato, a volte furente, a volte sussurrato, costruisce un ponte tra sé e l’altro, tra la propria ferita e quella del mondo. 
Ma la poesia di Assennato non si ferma al dolore. Va oltre. O meglio: attraverso il dolore si apre a una riflessione più ampia, collettiva, quasi civica. La sofferenza individuale diventa metafora della frattura sociale che comporta da una parte una crisi spirituale, dall’altra un disorientamento culturale. La letteratura che supera sé stessa è quella che rifiuta il recinto dell’estetismo sterile e si apre al mondo, trasformando la parola in prassi e la visione in proposta. In tal senso è un’opera radicalmente politica, nel senso più alto e nobile del termine.
Salvatore Assennato ci consegna la sicurezza che la sofferenza non sia fine a sé stessa, ma apre a un infinito spettro di possibilità . Ogni verso di “Frammenti di un’anima” è un frammento che, come in un mosaico bizantino, contribuisce a formare un’immagine più grande: quella di un uomo che si cerca, si perde, si frantuma e si ricompone. È proprio da questa eterna lotta che nasce una possibilità di rinascita: nella ferita che si fa luce, nella crepa da cui filtra il più puro distillato del senso. La poesia, allora, diventa lo strumento più efficace di auto-conoscenza , perché, in fondo, solo ciò che è passato per il dolore può davvero parlare alla vita e solo chi ha guardato in faccia l’abisso può insegnarci a riconoscere la luce, anche se fievole o intermittente. Anche se, per vederla, bisogna prima imparare a non chiudere gli occhi.
 

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