Addio all’attore Michael Madsen, nel 2014 prese la residenza in Abruzzo

4 Luglio 2025

Si è spento a 67 anni nella sua casa di Malibù il cattivo del cinema, volto di ‘Donnie Brasco’ e ‘Kill Bill’. Tarantino lo volle in quattro suoi film, ma da Hollywood fuggì per cercare la pace a Fallo

PESCARA. Alla fine l’ultimo sguardo prima di andarsene per sempre Michael Madsen, morto ieri pomeriggio all’età di 67 anni, l’ha dato alle pareti, al soffitto, agli oggetti sparpagliati sui mobili della sua casa a Malibù, nella contea di Los Angeles. Le circostanze, le cose della vita. Era nato a Chicago nel 1957, trascorrendo tutta la vita sulle colline di Hollywood, anche se da lì, da quella California dove c’erano «solo brutte notizie e gente cattiva», se n’era andato nel 2014 per prendere la residenza a Fallo, nella provincia chietina. Una vecchia abitazione ottocentesca di cinquanta metri quadri in un paese di centocinquantacinque anime. «Un momento importante per me e la mia famiglia, voglio che i miei ragazzi crescano qui. È un posto tranquillo, le persone sono genuine, semplici», diceva sorridendo alle telecamere delle tv locali e sventolava il mazzo delle nuove chiavi di casa, citando Padre Pio di cui portava un santino con sé. A chi gli chiedeva se fosse sicuro di quella scelta, Madsen rispondeva: «Non c’è altro posto al mondo in cui vorrei averla».

Non aveva rincorso il successo ma in qualche modo si era fatto trovare pronto quando nel 1992, aveva trentacinque anni, Quentin Tarantino bussò alla sua porta e gli regalò il ruolo di una vita intera nel pulp Le Iene. Da lì nacque un sodalizio che fece germogliare quattro collaborazioni indimenticabili – dopo Le Iene, i due volumi di Kill Bill (2003), The Hateful Eight (2015) e C’era una volta a Hollywood (2019) – e diede a Madsen un volto, quello del cattivo del cinema, che l’attore americano si portò dietro in Sin City (2005), Terror Trap (2010), Eldorado (2012), poi ancora nel cult Donnie Brasco (1997), dove era il boss Dominik “Sonny Black” Napolitano, e Mulholland Falls (1997), dove interpretava Eddie Hall, per un totale di oltre trecento titoli che lo hanno reso «uno degli attori più iconici di Hollywood», come lo hanno definito i suoi manager Smith e Susan Ferris.

C’era anche la poesia nella vita di Madsen: nelle raccolte Burning in Paradise e Expected Rain è un poeta carveriano: «Telling my first wife I slept with other women and seeing my father cry at the airport while holding my son» («Dicendo a mia moglie che ho dormito con un’altra donna e guardando mio padre piangere in aeroporto mentre stringe mio figlio») e ancora «Alone in a room full of people. And alone writing all this stuff. One million tears over 35 years» («Da solo in una stanza piena di persone. E da solo a scrivere tutta questa roba. Un milione di lacrime lungo 35 anni). Forse c’è un filo che lega le parole semplici e dirette di queste poesie giovanili alla vita nel borgo di Fallo: è l’urgenza della verità, della purezza del quotidiano, delle cose ordinarie fuori dagli orpelli con cui si nutre la macchina dello spettacolo.

«Negli ultimi due anni Madsen ha svolto un lavoro incredibile con il cinema indipendente, tra cui i film Resurrection Road, Concessions e Cookbook for Southern Housewives, ed era davvero impaziente di iniziare questo nuovo capitolo della sua vita», dicono i suoi agenti a poche ore dalla morte dell’attore. «Michael si stava anche preparando a pubblicare un nuovo libro di poesie», forse un giorno lo leggeremo. E troveremo quel miracolo della semplicità che è questa foto in cui tiene un ombrello sgraziato, vestito alla buona, impaziente di scoprire la nuova vita nascosta dietro una porta di legno.

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