In sala giovedì il nuovo film di Genovese: «un frank capra sulle seconde possibilità» 

Arriva “Il primo giorno della mia vita”: quello che accade se rinunci a morire

ROMA. «Certo che “Il primo giorno della mia vita”e fa riferimento a Frank Capra e a “La vita è una cosa meravigliosa”, si può dire che è complementare a quel film. Lì c’era un angelo che faceva...

ROMA. «Certo che “Il primo giorno della mia vita”e fa riferimento a Frank Capra e a “La vita è una cosa meravigliosa”, si può dire che è complementare a quel film. Lì c’era un angelo che faceva riflettere su cosa sarebbe successo se non si fosse mai nati, qui c’è un uomo misterioso proiettato verso il futuro che ti fa guardare alle cose che potrebbero capitarti se rinunci a morire».
Così Paolo Genovese parla del suo ultimo film, in sala dal 26 gennaio, tratto dal libro omonimo di Genovese (Einaudi). Un uomo misterioso (Toni Servillo) si presenta a 4 persone che si sono appena suicidate e offre loro una seconda possibilità: una settimana di tempo per farle rinnamorare della vita. In questi 7 giorni i neo-morti potranno assistere ad alcune scene di come potrebbe essere il mondo senza di loro. C’è Napoleone (Valerio Mastandrea), motivatore di successo che a un certo punto non riesce a trovare motivazioni per continuare a vivere; c’è Arianna (Margherita Buy), agente di polizia con un dolore troppo grande alle spalle; c’è Emilia (l’attrice pescarese Sara Serraiocco), campionessa di atletica leggera per troppe volte seconda nello sport e nella vita e, infine,c’è Daniele (Gabriele Cristini) un ragazzino diventato influencer per le sue performance bulimiche. «Sì, è un film sulle seconda possibilità, un po’ come era già per Immaturi e Una famiglia perfetta», spiega il regista. «Tutto nasce da un documentario, “The bridge”, realizzato dopo aver posto sul Golden Gate una telecamera che ha filmato per un anno chi si suicida lanciandosi da quel ponte. Poi nel film il regista è andato a intervistare quelli che si sono salvati scoprendo che, in quei 7 secondi del tuffo, in tutti c'è stata la voglia di tornare indietro. È vero, era nato come un film da girare in America», dice ancora «avevo pensato a New York. Poi è arrivata la pandemia e la voglia di raccontare è stata più forte e poi la Roma che si vede nel film è una metropoli assoluta».
Dice Servillo del suo misterioso personaggio: «È un ruolo che non ti fa stare troppo a tuo agio. E questo è sempre un bene per un attore. È ultraterreno e allo stesso tempo molto terreno, un uomo singolare che chiede il permesso ai suoi clienti di offrirgli una nuova opportunità» Sottolinea Mastandrea del suo Napoleone: «Faccio fatica a parlarne, è un personaggio buio e sono stato a disagio prima e dopo averlo interpretato. Bisognava rappresentare il senso di inspiegabile catastrofe che ognuno può incontrare nella sua vita». Emilia, spiega Buy, «è una donna alla quale succede la cosa peggiore: perdere un figlio. È piena di rabbia e di dolore. Il tema suicidio è scomodo, è un tabù. Quest’opera è un'apertura verso un problema che esiste e del quale si parla troppo poco».