Avincola: il mio “Goal” a Sanremo 

Ospite di Fiorello, in gara tra Giovani il cantautore paragonato a Ivan Graziani

ROMA. La musica, inizialmente, doveva essere il piano B. «Da piccolo volevo fare il regista, mi ha fermato un no alla scuola di cinematografia», racconta Avincola (Simone il nome all’anagrafe), che ora con il piano B si ritrova al Festival di Sanremo, in gara tra i Giovani, con il brano Goal!. «Ma continuo a raccontare le canzoni come fossero scene di un film e magari un giorno potrei cimentarmi con le colonne sonore», spiega il cantautore, nato a Roma 34 anni fa e che dalla città ha assorbito quel fare sornione e allo stesso tempo disincantato di chi dalla vita si aspetta tutto e niente.
Vincitore di diversi premi e ospite più volte di Fiorello a Edicola Fiore, l'Ariston gli era già sfuggito per un soffio l’anno scorso, finalista a Sanremo Giovani, e ci aveva provato anche qualche anno prima, nel 2016, senza successo. Il brano che porta in gara, rappresenta un po’ la summa del suo percorso: una rivincita, un goal che arriva al90° minuto, quando tutto sembra finito e la partita persa. «È la visione di un panchinaro. Tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo ritrovati a essere dei panchinari e a guardare gli altri giocare», racconta l'artista romano da parte di padre, catalano da parte di madre, che a 10 anni ha iniziato a suonare la chitarra e a 16 a scrivere canzoni. «La metafora della mia canzone è l'idea che prima o poi ci si possa ritrovare inaspettatamente a entrare in campo al 90° per giocare la propria partita e, magari, capovolgere il risultato». In campo, o meglio ancora sul palco di Sanremo. «È come andare ai Mondiali, dal Festival sono passati i più grandi artisti. In più è un privilegio pazzesco, in particolare in questo preciso momento storico, poter essere su un palco. Seppure più spenta, senza bagni di folla per le strade, sarà un’edizione storica, che ricorderanno tutti».
Tre tentativi all’Ariston, ma nessuno nei talent. «Non ho niente contro chi va ai talent, ma per come sono cresciuto, ho sempre puntato più sul contenuto della canzone: non ho mai studiato da cantante, sono interprete di me stesso», spiega Avincola, che durante le selezioni ad AmaSanremo per la sua vocalità è stato paragonato a Ivan Graziani («mi vengono i brividi solo a pensarci»). E poi, rivela, il festival è imprescindibile: «Nell'ultimo ho apprezzato Bugo, lo ascolto da sempre, ha aperto una strada alternativa al cantautorato. E quello che mi ha colpito di più, a posteriori, è quello di Vasco. Quando lui lasciò il palco con il microfono in tasca: voleva manifestare qualcosa di diverso, spezzando l’idea classica, fino a quel momento, della manifestazione».
L’obiettivo, come per molti nella sua stessa situazione, è di far diventare la musica un lavoro a tempo pieno. L’anno scorso il brano che aveva presentato per Sanremo Giovani era Un Rider e raccontava il sottobosco dei ragazzi delle consegne a domicilio. «L’ho fatto anche io per mantenermi e pagare l'affitto. Ora vorrei che la musica occupasse il 100% del mio tempo. Oltre a cantare le mie canzoni, mi piacerebbe scrivere anche per altri. Penso a Luca Carboni, e il sogno irraggiungibile sarebbe Vasco». Intanto pronto, o quasi, nel cassetto c’è un disco che aspetta di essere pubblicato. «L’attesa», dice, «è la cosa che mi pesa di più, ma ci siamo quasi. Io vivo molto nel presente e fatico a guardare al futuro. Nell'album racconto il mondo esterno, come accoglierlo e come combatterlo».