Colonnello, dal calcio alla pop art: venerdì la personale all’Aurum

La mostra dell’ex difensore guardiese dal 4 al 6 luglio a Pescara
PESCARA. Da disegnatore di cross dalla fascia sinistra e autore di assist al bacio, a rappresentante della Pop Art italiana con i suoi colori brillanti e contrastanti, sulla scia di rappresentanti del movimento artistico sbocciato negli anni ’60, come Schifano e Angeli. La capacità espressiva dell’ex calciatore di Castel di Sangro e Pescara Gianluca Colonnello, nato a Guardiagrele 52 anni fa, sarà in mostra nella sala Alambicchi dell’Aurum di Pescara da venerdì a domenica con la personale My Pop Heart, viaggio visivo fatto di emozioni, simboli e rappresentazioni del contemporaneo.
Quando è nata la sua vena artistica?
«Mi è sempre piaciuto dipingere, in terza media ho vinto un concorso e da allora non ho mai smesso. Quando ho avuto dei momenti liberi nella mia carriera, ho continuato a dipingere».
E la mostra come nasce?
«Alcuni amici che conoscono le mie opere mi hanno spinto ad organizzarla e sarà l’occasione per rivedere tante persone che ho conosciuto durante la mia vita calcistica. a Perugia e Lecce, ad esempio».
Quindi in questo periodo non sta allenando?
«Ci sono stati un paio di colloqui con squadre estere. Mi piacerebbe allenare in Italia ma non è semplice per noi comuni mortali. Sono un ottimista di natura e alla fine qualcosa di positivo accadrà. Faccio parte dello staff di mister Davide Ballardini e aspetto di ripartire insieme a lui».
Nell’immaginario è piu facile abbinare un calciatore a una velina che a una tavolozza con i colori...
«È un luogo comune (ride, ndc). Ci sono giocatori e dirigenti laureati come Chiellini. Beh, a livello artistico non so se ne esistano altri nel mondo del pallone».
Passando al calcio giocato, che stagione è stata quella del Pescara?
«Il Pescara ha dimostrato di essere una buona squadra e alla fine ha meritato di vincere. Il fatto che il trionfo sia arrivato in casa davanti a ventimila persone, all’ultimo rigore, è stato ancora più emozionante». Lei di stadi pieni ne ha visti. «Ho giocato diverse volte con lo stadio Adriatico – Cornacchia stracolmo di gente e so che cosa significa sentire la spinta del pubblico».
E sulla fascia faceva chilometri.
«Io ero un esterno puro che prendeva la palla dal portiere e si faceva tutta la fascia fino alla linea di fondo per fare un cross. Ora con il calcio moderno vedo dei giocatori adattati, non esiste più la specificità di alcuni ruoli».
Si è perso qualcosa rispetto a qualche anno fa?
«È cambiato molto. Ci sono atleti interessanti ma guardando i diversi campionati italiani penso si sia perso qualcosa a livello tecnico e di qualità, in generale. Un giocatore che mi ha stupito per intensità e requisiti è Dagasso, oltre a Plizzari che da tempo merita altri palcoscenici».
Stupito del no di Baldini?
«Nel mondo del calcio non mi stupisce più nulla. Mi sarebbe piaciuto che Baldini fosse rimasto a Pescara per continuare il suo lavoro in un ambiente che aveva imparato a volergli bene. Chi lo sostituirà (Vivarini, ndc) conosce la categoria della serie B e saprà far altrettanto bene».