I 100 anni di Luciano Salce «l’uomo dalla bocca storta» che creò il ragionier Fantozzi

ROMA. Quale annata d’oro fu per la cultura italiana il 1922. Dopo Ugo Tognazzi, Pier Paolo Pasolini, Francesco Rosi, Vittorio Gassman, in questo settembre ricorrono anche i 100 anni dalla nascita di...

ROMA. Quale annata d’oro fu per la cultura italiana il 1922. Dopo Ugo Tognazzi, Pier Paolo Pasolini, Francesco Rosi, Vittorio Gassman, in questo settembre ricorrono anche i 100 anni dalla nascita di Luciano Salce, per il grande pubblico il “papà” dei primi due Fantozzi, ma prima di tutto uno degli artisti più poliedrici del teatro, del cinema e della tv italiani.
Negli anni colpevolmente caduto nell’ombra, Salce ha attraversato il secolo scorso passando dalla recitazione alla regia. Fu scrittore, sceneggiatore, musicista, cantante, conduttore alla tv e alla radio, capace di parlare, ridere e irridere tutto, sempre con quel tratto di satira intelligente che non lo ha mai lasciato.
Sarà però ricordato a ottobre nella mostra “Luciano Salce – L’ironia è una cosa seria” al Museo di Villa Giulia a Roma, che suo figlio Emanuele, insieme ad Andrea Pergolari, ha curato con preziosi materiali del Fondo a lui intitolato. Nato a Roma il 25 settembre 1922 e scomparso nel 1989, a soli 67 anni, Salce appartiene a quella generazione che visse gli anni e le esperienze terrificanti della guerra. L’8 settembre i nazisti lo deportarono a Moosburg. Riuscì a fuggire, ma tradito da collaborazionisti italiani fu rinchiuso per quaranta giorni a Dachau dove gli asportarono la protesi mandibolare d’oro messa a 13 anni per un incidente stradale. Di quegli anni Salce non parlerà mai (sul suo diario, sotto 1943-1945, riporterà solo «due anni difficili»), ma di quel profilo ormai alterato per sempre farà un tratto distintivo anche in scena.
Diplomato all’Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico, iniziò in teatro, prima con compagni come Vittorio Gassman, che negli anni diventerà secondo padre di Emanuele, quel figlio nato dal matrimonio con Diletta D’Andrea, che sarà poi ultima compagna del grande Mattatore. Arriverà poi il cabaret satirico della compagnia del Teatro dei Gobbi insieme ad Alberto Bonucci, Vittorio Caprioli e poi Franca Valeri. Battutista pungente ma in tv conduttore ironico di trasmissioni come Studio Uno, autore anche di canzoni per Gianni Morandi e Luigi Tenco, fu tra i primi a credere nel talento comico di Monica Vitti. In più di 50 film da attore e poco meno da regista, Salce ha rappresentato vizi e malcostumi, miserie e debolezze dell’Italia degli anni ’60-’70-’80.
Tra le sue pellicole più celebri, Il federale (1961), riflessione in commedia sul fascismo e antifascismo italiani con Tognazzi che interpreta un fanatico fascista graduato delle brigate nere. E poi La voglia matta (1962), sempre con Tognazzi e una sedicenne bellissima Catherine Spaak, ma anche Le ore dell’amore (1963) Basta guardarla (1970), L’anatra all'arancia (1975), Fantozzi (1975) e Il secondo tragico Fantozzi (1976) che consacrarono divo Paolo Villaggio.
A raccontarlo in questi anni è stato soprattutto il figlio Emanuele, oggi attore, autore e regista, che nel ventennale della scomparsa portò alla Festa del cinema di Roma il documentario “L’uomo dalla bocca storta” realizzato insieme ad Andrea Pergolari, e poi il volume “Luciano Salce: una vita spettacolare”. Nel centenario sarà “Luciano Salce – L’ironia è una cosa seria”, mostra ideata ancora dal figlio con la Società Dante Alighieri per il trentennale della scomparsa a fine 2019, ma interrotta dalla pandemia. Accompagnata da un convegno, l’esposizione tornerà ora in versione «riveduta e corretta» a ottobre al Museo di Villa Giulia, dove racconterà il percorso biografico e artistico di Salce attraverso un ricco nucleo di foto, diari e lettere, alcune mandate a Luigi Squarzina dalla prigionia.