«Ieri come oggi l’Abruzzo è solidale ma impreparato»

Dacia Maraini racconta il suo Voci del terremoto domani ad Avezzano con la regia di Milani

di Eleonora Berardinetti

AVEZZANO

Una lavandaia, un bambino, una nonna o un contadino. Sono loro le “Voci dal terremoto” protagoniste dello spettacolo che andrà in scena domani, 13 gennaio, alle 20.30 al teatro dei Marsi di Avezzano. La pièce teatrale di Dacia Maraini ed Ernesto Salemme sarà curata dalla regia di Riccardo Milani. Sul palcoscenico del dei Marsi saliranno Lunetta Savino, Stefano Chiantini, Sergio Meogrossi, Lino Guanciale, Corrado Oddi, Giuseppe Ippoliti, Daniele Paoloni, Rita Eramo, Cecilia Delle Fratte, Franca Di Cicco, Ida Basile e poi Edoardo Saltarelli e Federica Fracassi accompagnati da i cori dei bambini dell'Istituto comprensivo Benedetto Croce e Decima Sinfonia di Pescasseroli diretti dal maestro Anna Tranquilla Neri. La pièce racconta a più voci il sisma che 100 anni fa, il 13 gennaio 1915, spazzò via Avezzano e la Marsica facendo oltre 30mila vittime.

. Signora Maraini come ha costruito questo spettacolo?

«La fuga è uno degli elementi principali perché in molti sono andati via dopo il sisma. Ma ci saranno voci di vivi e di morti che parleranno di come hanno vissuto quell’evento. Ci sarà una scuola con tutti gli studenti e il maestro, persone che se ne sono andate, un bambino di 10 anni, poi adulti e persone vive che ricorderanno. Sono voci e testimonianze di vivi e di morti».

Nomi importanti, personaggi dello spettacolo legati in qualche modo all'Abruzzo saranno sul palco. E' stato difficile metterli tutti insieme?

«Il regista Milani ha curato personalmente questo aspetto, ma so che sono stati tutti molti contenti di far parte di questo progetto che rappresenta la storia della loro terra».

Nella stesura dei testi per lo spettacolo che cosa è stato fondamentale?

«Molti documenti dell'epoca che mi sono stati concessi dalla Curia di Avezzano, testimonianze raccolte allora, la testimonianza degli aiuti, di chi ha visto il terremoto. E poi fondamentale è stato il personaggio di don Orione, che corre, aiuta i bambini. È bellissimo. È stato straordinario perché i mezzi erano pochi, il governo si è mosso con lentezza, lui era lì e ha cercato di trovare il modo di portare i bambini a Roma. Ha addirittura sequestrato dei mezzi per trasferire gli orfani. Queste sono cose che segnano un modo netto una terra. Don Orione è stato un esempio per la Marsica».

Dopo il terremoto dell'Aquila lei ha affrontato nei suoi spettacoli il tema del sisma, ed è stata vicino alle popolazioni toccate da questo terribile evento. Cosa le è rimasto di tutto ciò?

«Ho imparato molte cose. Sicuramente che da una parte il terremoto rivela la realtà, che le case sono state fatte senza accorgimenti antisismici, che i costruttori hanno rubato, ma che c’è una totale assenza di prevenzione. Il terremoto da questo punto di vista è rivelatore di questa cattiva amministrazione. Dall’altra però viene fuori anche una grandissima sensibilità da parte della gente. In tanti si fanno in quattro, con il freddo, senza mangiare, senza dormire. Una grande umanità delle persone».

Quanto sono importanti per lei la cultura e l'arte in momenti come questo?

«La memoria è la nostra coscienza, è sicuramente un segnale. Se ricordiamo e confrontiamo il presente con il passato diamo voce alle persone che sono morte, ravviviamo la storia. Altrimenti viviamo come degli animali. Io amo molto gli animali, ma non hanno il senso della storia. Gli uomini sanno cosa è il passato, una storia che non c'è più. È una cosa preziosa».

In occasione del centenario del terremoto ci saranno concerti, eventi, spettacoli. Cosa resterà ai marsicani dopo aver visto il vostro spettacolo?

«Abbiamo dato la voce al passato, la voce della coscienza, un territorio come questo è fatto anche di chi è scappato perché costretto da fame e miseria. Ci sono persone che erano lì, che hanno vissuto il terremoto ed è bello sentirle, anche trascrivendole ho imparato molte cose che mi hanno commosso. Come la cattiva amministrazione e la grande solidarietà, l'eroismo. L'aiuto verso gli altri è un aspetto che in caso di eventi così tragici si manifesta sempre».

Da questi due tragici eventi, Avezzano prima e L’Aquila dopo, cosa ha imparato?

«Che gli abruzzesi hanno un grande coraggio e un grande atteggiamento di solidarietà. Però dal punto di vista dell'amministrazione pubblica sono purtroppo molto carenti, sia cento anni fa, sia nel 2009. In una zona sismica come questa una mancanza di coscienza nella costruzione delle case e degli edifici pubblici non può esserci. All’epoca in pochi minuti è crollata Avezzano, nel 2009 in pochi secondi è venuta giù un'intera città. Il grande esempio del 1915 doveva far costruire con più prevenzione, e invece all'Aquila è crollato tutto, quindi non si è costruito secondo i criteri antisismi. C’è un’umanità straordinaria ma una capacità del Paese di affrontare i suoi mali troppo scarsa».

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