L’Aquila

Il regista De Leonardis: «Vi racconto Magnotta e quel famoso scherzo»

20 Novembre 2025

Il bidello aquilano diventato cult nella burla della lavatrice. L’anteprima del docufilm all’Aquila, Avezzano e Spoltore

L’AQUILA. «Mario Magnotta è un personaggio della cultura popolare. Prima del terremoto del 2009, L’Aquila si conosceva in tutt’Italia per lo scherzo della lavatrice. Ho cercato di realizzare un docufilm non tanto sul personaggio, ma sulla persona e sulle conseguenze ricadute su sua figlia Romina». Esordisce così al Centro il regista romano Alessio De Leonardis, ideatore e creatore del docufilm Semplice cliente, prodotto da Duende film srl e distribuito da Mescalito film, che ripercorre, quarant’anni dopo, l’assurda parabola di un uomo comune, un bidello aquilano, inconsapevole pioniere della viralità italiana. Magnotta voleva solo comprare una lavatrice. Invece subisce quello che diventerà lo scherzo più famoso d’Italia degli anni ’90 che, tra un passaparola e un passamano delle audiocassette, lo porterà addirittura nella trasmissione I fatti vostri, di Fabrizio Frizzi. Scomparso nel gennaio del 2009, due mesi prima del sisma, quasi a voler passare il testimone a un evento che ha segnato fortemente la sua città, ancora oggi i suoi concittadini lo ricordano come uomo buono e sanguigno. Anteprime nazionali in Abruzzo, sabato 22 e domenica 23 novembre al cinema Zeta dell’Aquila, già sold out, 25 novembre all’Astra di Avezzano e 2 dicembre all’Arca di Spoltore. Dopo le proiezioni incontro con il regista.

Alessio, ci racconti come ha conosciuto Magnotta?

«Sono nato e cresciuto a Roma. Nei primi anni ’90, già nella capitale, si sentiva parlare dello scherzo della lavatrice. Un giorno mio fratello più grande torna a casa con gli amici e in mano un’audiocassetta. Ridevano, ridevano e a un certo punto ho sentito “No, so Magnotta” e il resto si sa... E così ho conosciuto Mario Magnotta. Ricordo che ai tempi a Roma c’era Radio Radicale, che esiste ancora, che faceva una roba devastante che oggi non si potrebbe fare, mandava in onda solo messaggi liberi che la gente lasciava alla segreteria. Cavolate, parolacce, urla…».

Poi cosa accade?

«Poi qualcuno mette su ‘sto scherzo che inizia a diventare virale in tutto il Paese. Credo che l’ultimo vero passaparola fisico dell’audiocassetta sia stato quello della mia generazione, perché negli anni Duemila è arrivato il digitale. La cosa bella è che quelle cassette sono arrivate sulla barca di Gianni Agnelli (ride)».

Il suo film su Magnotta si sviluppa su due linee narrative. Perché questa scelta?

«Ho voluto parlare prima del passato di Mario, un uomo qualunque che suo malgrado diventa un cult locale e nazionale. Ma contemporaneamente, e veniamo alla seconda linea, c’è la vergogna di sua figlia Romina»

Prima di arrivare a Romina, sento che parla con un po’ di nostalgia per quei tempi...

«C’è nostalgia perché si racconta di un qualcosa che non esiste più».

In che senso?

«Quell’andare alla ricerca di qualcosa, in questo caso un’audiocassetta per farne una copia, è una roba di cui le nuove generazioni non hanno bisogno».

Manca l’emozione dell’attesa?

«In un certo senso è così».

Tornando al film, perché ha voluto realizzare un documentario?

«L’idea del docufilm in questo caso funziona bene perché si ha la possibilità di analizzare più da vicino la realtà di una storia, diversamente che in un film».

Quando ha iniziato a scrivere il soggetto?

«L’ho scritto la prima volta nel 2016, era una bozza. Nel 2017 sono venuto all’Aquila a girare una serie e dato che stavo lì, ho pensato che potevo conoscere qualcosa in più su Magnotta. Così inizio a lavorarci sopra, fino a quando non mi si è presentata l’occasione giusta, questa primavera, grazie al produttore Stefano Bacchiocchi che, grande fan di Magnotta, ho conosciuto tramite l’amico in comune, il produttore esecutivo Alessandro Di Renzo. Chiaramente sono passati un po’ di anni, quindi anche il mio spirito analitico oggi è diverso rispetto a questa storia».

Perché parlare proprio di Mario Magnotta?

«È un personaggio che conoscono tutti, ma nessuno sa niente dell’uomo che fu in realtà».

E chi è secondo lei Mario?

«Mario è l’uomo della porta accanto, incazzato perché magari gli hanno staccato la linea telefonica per qualche disguido tecnico, ma al quale allo stesso tempo puoi bussare per chiedere un po’ di sale e lui ti offre tutto quello che ha in cucina. È questa purezza qui».

Questa cosa traspare nel suo film?

«Mi auguro di sì! All’Aquila ho potuto verificare quanto bene gli vogliono. Quando andavo in giro per le strade, la gente mi fermava per chiedermi se avevo bisogno di aiuto per raccontare la storia di Mario. Non per apparire, ma per amore verso quest’uomo. Una cosa fantastica!».

Veniamo agli autori dello scherzo...

«Maurizio Videtta e Antonello De Dominicis, due ex studenti dell’istituto tecnico dove lavorava Mario. Si sono dimostrati fin da subito favorevoli a una mia idea filmica. Per capire però da dove ha avuto inizio il mito della lavatrice mi sono iscritto in tutti i gruppi e fan club sui social che riguardano Magnotta. Ho scoperto che c’è un signore, Raffaele Panarelli, imprenditore noto in città, distinto, elegante e simpatico, che non è mai apparso da nessuna parte, ma è colui che ha dato il via allo scherzo».

Poi è arrivato il momento di incontrare una delle parti “lese“, se così si può dire. La figlia Romina...

«C’era una cosa che mi mancava e che per me era fondamentale, raccontare il risvolto dello scherzo, cioè quello che ha dovuto subire Romina: una sorta di semi-bullismo. All’inizio non voleva raccontarsi, ma l’ho incoraggiata a pensare che parlare dello scherzo, dal suo punto di vista, poteva essere un modo per fare pace con questa storia. Per fortuna si è fidata e affidata».

Come ha fatto a convincerla?

«Le ho fatto incontrare gli autori dello scherzo che lei non aveva mai conosciuto. Ha capito che tutto quello che era ai suoi occhi un voler male a suo padre, in realtà era l’opposto, perché anche gli autori hanno voluto un gran bene a Mario. Era puro spirito goliardico, senza cattiveria. Tanto è vero che avevano chiesto scusa a Mario. Maurizio infatti dice una cosa sacrosanta “gli scherzi si fanno agli amici”, perché li conosci e sai come possono reagire. Mario da questo scherzo, paradossalmente, ha ottenuto il successo nazionale».

Nessuno di loro se lo sarebbe aspettato...

«No, infatti. Ma al di là della parolaccia, della bestemmia, del divertente, Mario fa parte della cultura popolare. E quest’ultima cosa sono convinto che va coltivata».

I fan italiani quando potranno vedere il suo lavoro su Magnotta?

«Il docufilm uscirà in tutti i cinema d’Italia a gennaio. Mi piacerebbe creare un programma per accompagnare il film, ma è un’idea ancora in cantiere».

Un’ultima domanda. Cosa ne pensa dell’utilizzo dell’AI nel cinema?

«Se dovessi darti la risposta da nostalgico, ti direi che è una cavolata. Da regista ti dico che da un lato l’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire l’autorialità di una persona, ma dall’altro è funzionale e va sfruttata come assistenza».