nuovo romanzo del giornalista abruzzese 

“In nome del Padre”, thriller in Vaticano per Andreucci

L’AQUILA. Un Papa accusato di eresia e condannato alla pena capitale. Un focus sulle lotte teologiche, economiche e di potere del clero. Ispirato da fatti e avvenimenti di stretta attualità e da...

L’AQUILA. Un Papa accusato di eresia e condannato alla pena capitale. Un focus sulle lotte teologiche, economiche e di potere del clero. Ispirato da fatti e avvenimenti di stretta attualità e da scritti religiosi, “In nome del Padre - Scandali, complotti e intrighi oltre l'ombra del Cupolone” (Il seme bianco, 2019), secondo romanzo del giornalista e scrittore abruzzese Antonio Andreucci (ex caposervizio Ansa) si presenta come un “catto-thriller” nel quale si racconta di una rivolta contro il successore di Pietro.
Intreccia fede, religione, affari, ricatti, potere e sesso. Racconta di un cardinale ispano-americano che organizza una Curia parallela facendo leva su una frangia critica nei confronti del Pontefice. Scopo della rivolta è indurre il Papa a modificare l’indirizzo del suo pontificato, ritenuto «fuori dagli schemi e spesso anche dal Vangelo». Una linea temuta sia perché rivoluziona la stessa impostazione della Chiesa cattolica, sia perché sconvolge gerarchie e poteri. Fra i temi controversi delle contestazioni mosse al Papa del romanzo vi sono, tra gli altri, la comunione ai divorziati, l’apertura verso altre religioni, l’ipotesi del sacerdozio per le donne.
Questi elementi vengono considerati «una ruffianeria» che nulla avrebbe a che vedere con i temi evangelici e che distrarrebbero il pastore dal suo vero gregge. Una partita che si gioca fra i ranghi della più alta gerarchia ecclesiastica, dimentica dell’ammonimento di San Vincenzo di Lerino, secondo il quale «Dio alcuni papi li dona, altri li tollera, altri ancora li infligge». Qui, una strategia sapientemente ordita attraverso l'intrigo, porterà ad una feroce contestazione nei confronti del Papa e a un “processo” nel quale, facendo perno su brani della Bibbia e su scritti di padri della Chiesa, il Pontefice viene accusato di eresia e condannato a morte. Regista del complotto è un controverso cardinale filosofo ispano-americano secondo il quale la Chiesa romana sarebbe troppo permissiva e si starebbe allontanando dalla linea millenaria. Il suo pensiero è condiviso da decine di altri cardinali. Fallito il tentativo di indurre il Papa a rivedere le proprie posizioni, il cardinale elabora un tremendo piano. Nel conclave sembrano rivivere scaramucce, scontri, promesse e ricatti. Il volume non nasconde omaggi all'Abruzzo attraverso piatti come la pasta alla chitarra e il vino San Clemente. “In nome del Padre” ha vinto il secondo Premio internazionale Wilde e il Premio nazionale letteratura italiana contemporanea 2018.
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