l’attore presenta il suo film da regista “brado” al Sudestival 

Kim Rossi Stuart: «Dialogo coi ragazzi? Per averlo, prima bisogna ascoltarli»

«Un consiglio a un ragazzo che voglia fare l’attore? Mi capita me lo chiedano ogni tanto. Lo ammetto, fatico un po’ a trovare le parole. Dipende, dipende da cosa vuole realmente». Soppesa ogni parola...

«Un consiglio a un ragazzo che voglia fare l’attore? Mi capita me lo chiedano ogni tanto. Lo ammetto, fatico un po’ a trovare le parole. Dipende, dipende da cosa vuole realmente». Soppesa ogni parola quando parla Kim Rossi Stuart, con il tono che si abbassa se il tema è «urgente» ma la risata sempre pronta spesso ad aprirsi, soprattutto quando parla di sé.
È accaduto anche davanti alla platea di oltre 400 ragazzi nella Masterclass che ha tenuto in apertura del 23° Sudestival, il progetto dell’associazione culturale Sguardi e primo e unico festival di cinema italiano in Puglia che si svolge in inverno, fondato e diretto da Michele Suma. Kim Rossi Stuart ha portato il suo più recente film da regista, “Brado” (storia di un incontro padre-figlio attraverso l’amore per un cavallo), protagonista di una masterclass dal titolo “Interpretare un personaggio: il ruolo dell’attore nell’opera filmica”. «Non sono molto abituato a questo tipo di incontri, ma più si invecchia più si ha voglia di relazionarsi con i giovani», racconta. «Sono andato meravigliosamente impreparato, per usare una definizione di Gianni Amelio, che mi fa pensare all’andare con coraggio e senza rete nella vita. È così che accadono le cose vere. È una lezione che cerco sempre di ripetermi».
Ma come si parla ai ragazzi di oggi? «Più vado avanti e più scopro che i giovani oggi hanno percorsi loro», riflette lui, nella vita padre di tre ragazzi tra 11 e 1 anno. «Lo dicono tutti i sociologi, il problema della mia generazione è che i padri si mettono allo stesso livello. Invece no, è una questione di ruolo: da padre devo contenere un figlio, porre delle regole, anche dire “no”. Allo stesso tempo, però, devi trovare una via di comunicazione che dimostri quanto sei desideroso di ascoltarli. Per instaurare un dialogo, l’ascolto viene prima della parola». Da regista, “Brado” è il suo terzo film in 18 anni.
«Da autore, anche se mi sembra troppo altisonante la parola», dice, «mi interessa l’esperienza. Si, forse tre film in un lasso di tempo così lungo non sono tanti. Da una parte metto gli eventi accaduti negli ultimi: la pandemia, la guerra, le trasformazioni. Dall’altra anche il cambiamento del cinema, che sembra aver perso la sua vocazione introspettiva, culturale, in favore di un intrattenimento puro. A me piace, invece, l’idea di fare dei film “necessari”, non per passare due ore. La gestazione inevitabilmente così diventa più lunga e complessa. Poi», sorride, «mettiamoci in mezzo anche quei tre figli, il matrimonio, tanta roba... Tra un pannolino e l’altro il tempo passa». Da attore, invece, lo vedremo nella prossima serie Prime Video “Everybody Loves Diamonds”, ispirata al colpo del 2003 al World Diamond Center di Anversa.
«A un ragazzo che sogna il mio mestiere? Chiederei cosa cerca. Se è l'apparire, gli direi: siete in tanti, buttati nella mischia e forse ci riesci. Se invece ha voglia di osservarsi dentro, di analizzare la propria vita e, attraverso questo, dare allo spettatore del buon nutrimento, beh, finché esiste il teatro esiste la possibilità di farlo. Perché come diceva Peter Brook, un attore di teatro ha bisogno solo di dieci persone che lo guardano. Si - sorride - il palcoscenico comincia a mancarmi. Sono passati vent'anni dal mio ultimo spettacolo. Non so però se sarei in grado di affrontare una regia teatrale per adesso. Magari una cosa molto semplice. Chissà, forse sì».