Parade, il quadro di Picasso che battezzò il Novecento

La fiamma tremula delle candele accese, l'atmosfera notturna, teatrale, nel salone delle feste dell’appartamento reale di Capodimonte. Napoli accoglie sontuosamente il sipario del balletto “Parade”,...

La fiamma tremula delle candele accese, l'atmosfera notturna, teatrale, nel salone delle feste dell’appartamento reale di Capodimonte. Napoli accoglie sontuosamente il sipario del balletto “Parade”, il più grande quadro che Pablo Picasso abbia mai dipinto. L'enorme tela, 7 metri di base per 10 di altezza, è esposta per la prima volta in Italia e di fatto è il pezzo grosso della mostra “Picasso e Napoli: Parade”, allestita fino al 10 luglio tra Napoli e Pompei per celebrare il centenario del viaggio in Italia – e in modo sostanziale nel capoluogo partenopeo – compiuto tra marzo e aprile del 1917 da Picasso. All'origine di tutto l'invito del suo amico Jean Cocteau per lavorare insieme con i Balletti Russi a “Parade”, balletto andato in scena a Parigi nel maggio dello stesso anno, su soggetto dello stesso Cocteau e musica di Satie. Per le sue dimensioni l'opera, conservata al Centre Georges Pompidou di Parigi, è stata esibita solo in rare occasioni e questa è la quinta; dopo Napoli sarà l'Opera di Roma a raccontare quell’Europa artistica intraprendente, audace e bohèmienne che inventava l’arte moderna.
«Il '900 inizia qui, inventando il presente. E c'è anche Napoli», annuncia con emozione il testo guida alla mostra, curata dal direttore del museo nazionale di Capodimonte, Sylvain Bellenger, e dallo storico dell'arte Luigi Gallo. Seduti in gruppo, nel dipinto, Picasso ha messo i suoi compagni d'avventura in quel momento straordinario della sua vita: la ballerina russa Olga Khokhlova (che mesi dopo sarebbe diventata sua moglie, la prima), e Jean Cocteau, Erik Satie, Léonide Massine, Serge Diaghilev e lui stesso, mascherati da saltimbanchi (Picasso nelle sembianze di una scimmia), come in un presepe napoletano. Teatro nel teatro, derisione surrealista, parata come opera comica contro la guerra e contro la morte. Fischi e insulti dal pubblico parigino un secolo fa, alla prima alzata del grandioso sipario.
Opera d'avanguardia, Parade voleva rompere col balletto tradizionale, urlare alla guerra che avanzava minacciosa in Europa. E grande impatto fu, praticamente un fiasco. Il pubblico non comprese che il grande sipario non era un oggetto di scena ma opera d’arte in sé compiuta, il più grande dipinto mai realizzato dall'artista spagnolo. Quell'idea di pastiche, l'ironia, la volontà di riportare un guizzo vitale nell'arte più classica, svecchiare il balletto con un liguaggio contemporaneo.
«Cubista o neoclassico per me è uguale», avrebbe detto il malagueño sedotto dal futurismo di Depero. Affascinato dalla vivacità della strada, la teatrale umanità di Napoli e la bellezza irripetibile del paesaggio, durante il soggiorno partenopeo Picasso vive di emozioni e si perde tra gli entusiasmi, racconta nei suoi diari. Un'avventura profonda, umana e artistica, che illumina l'artista andaluso spingendolo al rinovamento. Picasso supera il periodo blu e schiarisce la sua tavolozza. Nella metamorfosi del balletto è la sua rivoluzione, il ritorno all'origine cubista , al «dipingere come un bambino». Non più solo portare il cubismo in scena, ma arte popolare, marionette, guarattelle e pastori del presepe, di cui Picasso fa incetta da rigattieri e botteghe artigiane di San Gregorio Armeno. La scenografia di Parade deriva dal teatro popolare, Pulcinella, Scarpetta e la sua maschera, il presepio napoletano. Gouache e immaginette licenziose che l'artista acquista ai mercatini di Pompei. Il sipario per Parade rappresenta senza dubbio il clou della doppia mostra, accompagnata da un ricco calendario di iniziative collaterali (www.www.museocapodimonte.beniculturali.it ).
A Capodimonte sono anche esposti i bozzetti eseguiti da Picasso per il balletto Pulcinella, musica di Straviskij. All'Antiquarium di Pompei i costumi di Parade a confronto con maschere africane e reperti archeologici dal sito, tra cui un gruppo di maschere teatrali, omaggio alla sua passione per le maschere e il teatro. «Tutta la mostra intende ribadire l'identità mediterranea di Picasso», conclude Maria Paola Lupo, storico dell'arte che ha accompagnato la visita dell'associazione culturale Trifoglio di Chieti . «Senza quella profonda suggestione italiana, breve quanto intensa, Picasso non avrebbe dipinto i capolavori degli anni Venti. Il soggiorno napoletano ha significato per lui la possibilità di essere altro da sé».
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