Pescara, Di Lorenzo e i versi chiari di “Il fiore non sa della guerra”

PESCARA. Il fascino delicato dell’attimo, la goccia di tempo che dà sapore alla vita. È ciò che cerca nelle sue poesie Silvia Di Lorenzo, poetessa pescarese di Villa Celiera vincitrice tra l’altro...
PESCARA. Il fascino delicato dell’attimo, la goccia di tempo che dà sapore alla vita. È ciò che cerca nelle sue poesie Silvia Di Lorenzo, poetessa pescarese di Villa Celiera vincitrice tra l’altro del Premio dell’Editoria abruzzese con la silloge “Sottrazione”, che ha da poco pubblicato “Il fiore non sa della guerra” (Tabula Fati, 12€, 140 pagine), una raccolta di versi dove emerge soprattutto il desiderio di salvare la vita dalle brutture e dalla volgarità, ma non mediante l’attenzione a momenti sublimi o eroici, bensì con una concentrazione particolare sugli aspetti anche più semplici e banali dell’esistenza. Luoghi e attimi della gioia e della delicatezza che Silvia Di Lorenzo salva dalle sue giornate oppure che attinge direttamente dalla memoria, dal tempo rievocato dell’infanzia. Così, come nella poesia delle piccole cose di Pascoli, Silvia Di Lorenzo registra ogni singolo momento, ogni immagine, sia grande sia minuta. Ciò consente in ogni poesia un piccolo miracolo espressivo, proprio di un’anima che, considerando la solitudine non come una condanna ma come un’opportunità, dalla propria condizione di solitaria e di esule ricava uno sguardo inedito nei confronti del mondo. Ogni piccola manifestazione della natura diventa l’occasione per una celebrazione della vita, colta nei momenti che scandiscono il passare delle stagioni. Tale ciclicità, in chiaro contrasto con il tempo lineare del progresso, tende a riallacciarsi alle linee circolari della temporalità contadina, su cui domina il paesaggio innevato, chiara metafora del silenzio dell’anima che si pone in ascolto del mondo. Infine si ricorda il titolo, ispirato alla sezione del libro dedicata alla guerra, dove emerge l’idea dell’assurdità della contrapposizione violenta tra gli uomini e del fatto che poche persone possano decidere il destino di interi popoli.