I vincitori degli Oscar 2023

CINEMA

Premi Oscar, di italiano c'è solo il nome abruzzese della casa di produzione vincitrice: A24

Dalla Roma-L'Aquila-Teramo a nove statuette (su 18), il percorso dello studio americano che ha preso ispirazione dall'autostrada del Traforo del Gran Sasso

NEW YORK. Due blockbuster da miliardi di dollari - Avatar e Top Gun: Maverick - erano in corsa ieri agli Oscar accanto a film di "mostri sacrì" come Steven Spielberg (The Fabelmans) e Baz Luhrman (Elvis), ma a fare da asso pigliatutto nella notte delle stelle è stato il piccolo Everything Everywhere All at Once con alle spalle lo studio indipendente A24 che prende il nome da un'autostrada abruzzese. E' l'unica traccia italiana nella serata degli Oscar. Nessun film italiano, nessun attore italiano. Ma il nome tratto dalla Roma-L'Aquila-Teramo - l'autostrada del Traforo del Gran Sasso - della casa americana di produzione e distribuzione cinematografica e televisiva che ha conquistato nove trofei (sette per il film dei Daniel e due per The Whale con Brendan Fraser) su 18 candidature, sbaragliando la concorrenza di colossi come Netflix (cinque statuette tra Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale e il Pinocchio di Guillermo Del Toro) e Disney (un Oscar per Avatar e l'altro per Black Panther: Wakanda Forever).

La vittoria ha cementato lo status di A24 come nuovo «arbitro di tutto quello che è cool». Puntando su film al tempo stesso popolari e complicati come quello dei Daniel (cento milioni di dollari al box office grazie a un nuovo modo di fare cinema che incrocia gli schemi della franchise Marvel, concetti filosofici come esistenzialismo e nichilismo e i motivi classici della love story e dei rapporti genitori-figli), A24 ha sbaragliato grazie a un nuovo modo di fare cinema. La ricetta, simile a quella che negli anni '90 fece la fortuna di Miramax, è aggiornata al nuovo millennio con film di qualità ma a costi contenuti, firmati da cineasti emergenti a cui viene data carta bianca e una strategie di marketing sui social fuori dai canali tradizionali.

È una favola che comincia sulle montagne tra Lazio e Abruzzo, regione che ha forti legami con la storia del cinema. Guidando con amici sui 166 km della A24 lungo la quale sono stati girati molti film di maestri surrealisti e neorealisti, il cofondatore Daniel Katz ebbe una illuminazione e decise di lanciarsi nella nuova impresa: «Ho avuto questo momento di chiarezza. Avevo sempre voluto farlo e mai trovato il coraggio. Ho chiamato la società A24 perchè eravamo su quell'autostrada».

Lo studio spariglia le regole di Hollywood trasformando un'esperienza cinematografica collettiva in prodotti indirizzati a un determinato gruppo demografico. Il marketing, soprattutto online, è giocato su promozioni di strambi gadget come il giocattolo sessuale usato per reclamizzare Everything e trailer ermetici agli antipodi da quelli sempre più diffusi che si limitano a riassumere la trama dei film.

Nel 2015 A24 si cimenta con la produzione e nel 2017 sfonda: Moonlight di Barry Jenkins vince tre Oscar, tra cui quello per il miglior film. In un decennio ha ottenuto 53 nomination e vinto con anche con film come Room (Brie Larson miglior attrice), miglior documentario (Amy) e migliori effetti speciali (Ex Machina). Dietro la facciata hipster c'è un mondo di soldi reali: Katz era capo dei finanziamenti ai film della Guggenheim Partners che ha dato i finanziamenti iniziali. L'anno scorso lo studio ha racolto 225 milioni di dollari con una valutazione a 2,5 miliardi. Ed è recentissima l'incursione nel mondo del teatro dal vivo con l'acquisto del Cherry Tree Lane Theater nell'angolo del Village più romantico di New York: un palcoscenico Off Broadway che quest'anno compie cento anni.