La Cimata di Macchia Triste (2.090 metri)

L'ITINERARIO

Si sale a Macchia Triste nel regno del bianco 

Per la cimata si parte dal prato ghiacciato nella Val di Fua

«La montagna è per me un luogo deserto dove si vede il mondo com’era senza di noi e come sarà dopo» (Erri De Luca).
È sbalorditivo come le montagne che conosci meglio riescano a stupirti sempre. Parti quasi controvoglia: è freddo, lo zaino è pesante ed è anche domenica. Ma l’appuntamento con gli amici non puoi mancarlo. E allora arrivi al borgo dei tuoi ricordi, Cartore (Ri, uscita autostradale A24- Valle del Salto) nella riserva delle Duchessa, e vai su, quasi senza meta.
Dall’immenso prato ghiacciato ti immetti nella Val di Fua (sentiero 2B) e il suo fascino già ti rapisce anche se è fredda, più del freddo più freddo. Quando arrivi al Vallone del Cieco (1 ora circa), sei finalmente al sole, i muscoli sono caldi e cominci a volare. L’ultimo tratto di questo sentiero è sorprendente: vi si alterna una vegetazione stupenda che le varie stagioni pitturano di tutte le tinte. Oggi dalla neve affiorano muschi, rocce, terra gelata e i faggi si ergono verso un cielo indimenticabile. Siamo alle Caparnie (1.670 m, 2 ore), c’è neve, cavalli e mucche sono nelle stalle. Ci troviamo nel regno del bianco solenne: calziamo i ramponi e crik-crok arriviamo dopo 2,20 ore al Lago della Duchessa, ghiacciato, enorme, sublime. Che si fa? È tutto troppo bello per fermarsi! Dunque, si sale verso Sud-Est la dorsale imbiancata che sovrasta la Valle Fredda: attenzione, occorre la piccozza nei punti più ripidi.

Crinale del Murolungo
Gli amici ridono festosi, perché è raro ritrovarsi con una neve così perfetta, immacolata e accogliente. Ad ogni passo la conca sottostante diviene più grande e il crinale parallelo del Murolungo più affascinante. Il freddo oramai non si sente più, è coperto dal cuore che ribolle di felicità, siamo in vetta: Cimata di Macchia Triste (2.090 metri). Le cimate sono le vette che preferisco: lunghe, grandi, pianeggianti. Da quassù il Velino è strepitoso con le sue curvature bianche, il brecciaio che porta su al Sevice sembra panna, la Valle del Bicchero irriconoscibile.
Ad Ovest una miriade di ondulazioni ci conduce fino al mare, ai Sibillini con un cielo color azzurro – inverno che solo chi arriva a quote elevate può apprezzare. Non c’è neanche una nuvola, eppure all’improvviso la luce cambia: alziamo gli occhi e su di noi due grifoni volano e coprono per un po’ i raggi del sole, mentre sul crinale del Murolungo un gruppo di cervi corre a perdifiato verso quote dove l’erba è ancora rigogliosa. E così una giornata su montagne che si conoscono metro dopo metro diviene speciale, come ogni volta che si va su. Scendendo si ammira il lago ghiacciato e, una volta arrivati alle Caparnie, si devia per la valle della Cesa, più lunga e meno ripida della Val di Fua, diversa e affascinante, che si imbocca risalendo dal rifugio Gigi Panei fino a 1.750m (Praticchio del Tordo). Si cammina su una carrareccia che regala belle visuali della valle e dei monti della Duchessa e sulle rupi che sovrastano la profonda valle la vegetazione cambia a seconda dell’altitudine: dai faggi ai lembi di lecceta fino alle querce. Dopo circa 17 km e 7 ore saremo di nuovo a Cartore a chiederci da dove viene la denominazione “Macchia triste”.
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