Siravo sul palco con Shakespeare: «Un mondo di falsità sempre attuale »

14 Novembre 2024

L’attore con la compagnia Mauri Sturno ad Avezzano in “Falstaff e le allegre comari di Windsor”

AVEZZANO. Dopo il successo dell’anteprima con Maurizio Mattioli, entra nel vivo la stagione 2024/25 del Teatro Off di Avezzano. Domani, 15 novembre, il Castello Orsini Colonna ospiterà lo spettacolo Falstaff e le allegre comari di Windsor con l’attore Edoardo Siravo e la storica compagnia Mauri Sturno: una produzione che vede la collaborazione del Teatro Belli di Antonio Salines in un adattamento di Roberto Lerici e con la regia del figlio Carlo Emilio Lerici. L’opera, una delle commedie più famose di William Shakespeare, è ricca di intrighi amorosi, scambi di persona e travestimenti, in cui emergono figure femminili forti e indipendenti. In scena anche Francesca Bianco, Marco Bonetti, Fabrizio Bordignon, Francesca Buttarazzi, Gabriella Casali, Giuseppe Cattani, Alessandro Laprovitera, Antonio Palumbo, Germano Rubbi, Susy Sergiacomo, Roberto Tesconi, Tonino Tosto. Siravo, che interpreta Falstaff, dona al personaggio una profondità nuova, rappresentando un uomo pieno di sfumature, riflessivo e malinconico. «In tutti noi c’è un po’ di Falstaff», afferma. Attore, doppiatore e regista italiano con una lunga carriera nel mondo del teatro, della televisione e del cinema, Siravo porta in scena un Falstaff più che mai attuale. Un personaggio che riflette su un mondo, ancora drammaticamente attuale, comandato da successo e false notizie e calunnie.
Maestro, perché Falstaff oggi?
«Perché oggi, più che mai, ci sentiamo tutti presi in giro da qualcuno. Falstaff è un personaggio molto popolare, quasi archetipico, che in qualche modo rappresenta l’uomo in tutta la sua vanità e umanità. Nel testo shakespeariano, Falstaff si trova alla fine della sua parabola ed è alla ricerca di un ultimo colpo di fortuna. È un personaggio che, pur con i suoi difetti, ci è familiare e simpatico. In fondo, chi non ha mai cercato di fare un’ultima burla o si è pentito di qualche errore commesso lungo il percorso? Le donne della commedia, più furbe e sagge, lo riportano alla realtà, ribaltando la sua malizia contro di lui con un tono che è insieme divertente e malinconico».
Un Falstaff, dunque, che non è solo comico...
«Esattamente. Falstaff incarna la decadenza fisica e morale, eppure rimane affezionato alla vita. È una figura che riflette le debolezze e le contraddizioni umane. Roberto Lerici ha curato il testo in modo che emergano queste caratteristiche, creando un’opera che si avvicina all’influenza di Plauto e che mette in scena la nostra società: oggi più che mai siamo tutti un po’ presi in giro, immersi in un mondo di false notizie e successo effimero. Spero che gli spettatori si possano riconoscere in questo caleidoscopio di emozioni e contraddizioni umane».
Che vuol dire lavorare con la Compagnia Mario Sturno?
«Carlo Emilio Lerici ha creato un ensemble armonioso, con tredici interpreti che danno vita a una rappresentazione dinamica. È un lavoro corale e coinvolgente, che fa emergere non solo la figura di Falstaff, ma anche la forza delle allegre comari. Ogni interprete contribuisce a dare spessore a questo gioco di intrighi e travestimenti, rendendo il testo di Shakespeare vivido e accessibile».
Cosa si aspetta dal pubblico del Teatro Off?
«Sono felice di far parte della stagione di questa realtà. Del resto, la nostra compagnia vede in scena ben 13 attori. Si tratta di un impegno importante anche dal punto logistico».
La sua carriera è ricca di esperienze e spesso ha frequentato palchi, festival e premi in Abruzzo. Cosa la lega a questo territorio?
«Sono molto legato all’Abruzzo. Da sempre ho fatto riferimento a una tenuta agricola di circa cento ettari nella Valle Roveto di proprietà di famiglia. Anzi, approfitterò di questa tappa per risolvere qualche incombenza legata alla gestione di questi terreni. Sarò da queste parti anche un giorno in più per questo motivo. Lavorare nei teatri di questa terra – come ho fatto spesso con il Teatro Stabile d’Abruzzo – è per me sempre un piacere. Sono luoghi ricchi di spunti culturali, dove si respira un legame profondo con la tradizione.
Con il Tsa ha lavorato spesso anche all’Aquila che, a 15 anni dal sisma, attende ancora la riapertura di un teatro che permetterebbe un allestimento come quello che sta portando in scena.
«Mi auguro che la questione venga risolta presto. L'Aquila merita il suo teatro».