A Montecitorio sit-in dei comitati

La protesta contro la Protezione civile, contestato anche Ghedini

ROMA. Prima l’abbraccio con i vigili del fuoco, poi l’umore della piazza - transennata e presidiata da decine di agenti di polizia - è repentinamente cambiato al passaggio di Niccolò Ghedini, parlamentare del Pdl e uno dei legali del premier Berlusconi. Al suo indirizzo sono piovuti fischi, slogan e insulti. «Armati» di striscioni e cartelli e al grido «3e32, io non ridevo», i manifestanti lo hanno seguito, passo passo, per un centinaio di metri fino all’ingresso di una libreria dove Ghedini si è infilato e da dove è uscito qualche minuto dopo «scortato» dalla polizia.

La contestazione a Ghedini è stato l’unico «fuori programma» del sit-in davanti a Montecitorio che ha visto insieme vari gruppi di manifestanti, dalle rappresentanze di base dei vigili del fuoco a un gruppo di napoletani, lì per rimarcare «la disastrosa gestione dei rifiuti». E poi una cinquantina di aquilani, mobilitati dal comitato «3e32». Tutti davanti alla Camera per sollecitare le dimissioni di Guido Bertolaso e per dire «no allo strapotere di una Protezione civile che si occupa dei più disparati grandi eventi. Cose che nulla hanno a che vedere con la prevenzione e le risposte alle calamità naturali del Paese». Un no, non solo alla Protezione civile Spa (per ora archiviata) ma al decreto 195 nella sua interezza.

Una giornata cominciata presto per il gruppo dell’Aquila. Sull’autobus la lettura dei giornali e qualche commento al vetriolo «sul rapporto perverso tra politica e imprenditoria». Battute amare «sul sistema gelatinoso che gestisce appalti di grandi eventi ed emergenze». E ancora, il dito puntato sulle «deboli reazioni delle amministrazioni locali». Il tutto «condito» dalle «Voci dal cratere», il cd realizzato dai gruppi rap dell’Aquila.

La prima tappa a Ponte Mammolo, poi in centro con la metropolitana. Quindi a piedi fino a Montecitorio. Qui dagli zaini sono spuntati fuori manifesti e striscioni. Davanti a tutti quello con su scritto: «L’Aquila con i vigili del fuoco», per testimoniare «la riconoscenza della città nei confronti di questi angeli». Per loro anche scatole piene di dolci tipici aquilani, offerti dai titolari del bar Nurzia. Il modo più dolce «per dire grazie a chi in questi mesi ha lavorato senza sosta, lontano dal teatrino mediatico allestito sul terremoto» ha commentato Maria Fioravanti.

«Siamo qui per manifestare il nostro sdegno» hanno detto Fiorella Giannangeli, Alessandro Tettamanti, Mattia Lolli e Sara Vegni. «Qui, davanti a Montecitorio, per ribadire la necessità della trasparenza sugli appalti. Gli sciacalli che quella notte ridevano vanno tenuti lontani dalla ricostruzione della città».
In piazza, a portare solidarietà ai manifestanti, il deputato del Pd Giovanni Lolli e il gruppo dell’Italia dei Valori. Con Di Pietro (andato via subito) anche Orlando, Donadi e Di Stanislao. «Siamo qui senza clamore o bandiere» hanno detto «perché il silenzio è la prima forma di rispetto che dobbiamo a una città martoriata, derisa e sbeffeggiata da potenti e affaristi senza scrupoli». La protesta romana si è chiusa alla Sapienza, dove nel pomeriggio si è tenuta un’assemblea con diversi collettivi e comitati.

Intanto, attraverso il tam tam su Facebook, ha preso forma l’iniziativa «1000 chiavi per riaprire la città» in programma domenica all’Aquila. L’appuntamento è alle 11 ai Quattro Cantoni dove ognuno potrà depositare le proprie chiavi di «casa» alle transenne che separano il corso dalla zona Rossa. Un gesto simbolico per testimoniare la voglia di veder riaperto il centro storico.