AVEZZANO

Addio al mitico capitano Cimarra, bandiera del calcio biancoverde

Sconfitto a 74 anni da una lunga malattia, è stato un idolo per tutti e un autentico lottatore in campo. I funerali oggi alle 16 in cattedrale

AVEZZANO. Se n’è andato in silenzio, nell’ultima domenica di primavera. Sandro Cimarra, 74 anni, bandiera calcistica dell’Avezzano nel periodo a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, è deceduto dopo una lunga malattia. Per il calcio marsicano che mezzo secolo fa si apprestava ad uscire con forza dai confini regionali, il capitano Cimarra ha rappresentato un’autentica icona, perché nelle sue peculiarità di atleta, racchiudeva sia la forza che la correttezza.

La forza, innanzitutto, che faceva del suo ruolo di mediano, un elemento capace di contrastare qualsiasi rivale in ogni zona del campo, ma sempre nel rispetto dell’avversario e delle regole, al punto che, nonostante fosse sempre al centro del gioco, le ammonizioni e ancor di più le espulsioni, non hanno mai fatto parte del suo curriculum. Fu autentico riferimento sia nella squadra allenata da Piero Grasselli, che in quella diretta da Armando Rosati. Nella zona centrale del campo, Cimarra aveva il compito di intercettare i tentativi avversari e rilanciare quelli dei suoi compagni, talvolta assumendo iniziative personali, altre volte chiedendo collaborazione ai vari Speranza, Cappelli, Durazzi, Pomponio, per lanciare poi Oddo e Catarinacci nell’assalto alla porta avversaria.

Corse e rincorse sui campi polverosi dell’epoca, senza mai risparmiarsi e sempre pronto a offrire il proprio contributo ai compagni in difficoltà, per i quali aveva sempre una parola di incoraggiamento, soprattutto quando le cose non andavano per il verso giusto. A quei tempi, quando l’Avezzano giocava tra le mura amiche, l’attesa per la partita diventava spasmodica, tanto che per trovare un posto sulle gradinate del vecchio stadio dei Marsi, bisognava muoversi con largo anticipo, suscitando talvolta l’ira delle mamme intente a preparare il pranzo del giorno di festa. E Sandro Cimarra impiegò pochissimo per diventare l’idolo di grandi e piccini, grazie a quel suo modo di proporsi in campo, che suscitava ammirazione e rispetto anche da parte di chi combatteva per un’altra maglia. Buono e mite di carattere, in campo si trasformava in un autentico lottatore.

Calcisticamente, Sandro Cimarra nacque nella squadra del quartiere di via Napoli, denominata Neapolis, dalla quale si trasferì in biancoverde insieme ai suoi amici Angeloni e Liberati. Il mediano biancoverde ebbe anche la possibilità di tentare il grande salto tra i professionisti, quando la Reggina lo chiamò insieme al compagno di squadra Bobo Durazzi. Ma lui, avendo già un lavoro che gli consentiva di poter mantenere la famiglia, decise di rinunciare e di restare ad Avezzano dove concluse la carriera tra quei compagni ai quali aveva sempre trasmesso un senso di appartenenza il cui significato oggi viene troppo spesso travisato.

Dopo aver “appeso le scarpette al chiodo”, la sua passione per l’attività sportiva si riversò verso la bicicletta. Cosicché per tenersi in forma non era raro vederlo sulle strade del circondario a macinare chilometri con la stessa disinvoltura di quando lo faceva sui campi di calcio. Ma proprio sulle due ruote incappò qualche anno fa in una rovinosa caduta che lo portò a picchiare la testa in maniera violenta. Un infortunio che ha inciso pesantemente sulle sue condizioni di salute e dal quale non si è mai pienamente ripreso.

Cimarra lascia la moglie Maria Domenica Perrotta e i figli Claudio e Alessandra. La salma è esposta nella casa funeraria Rossi di via Nuova, dove resterà anche oggi fino alle 15.30. Il rito funebre è in programma oggi pomeriggio alle 16 nella cattedrale di Avezzano.

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