Addio stipendi fissi col nuovo contratto Fiat ma la rivolta fa flop alla Marelli di Sulmona

Alla Magneti Marelli fallisce il volantinaggio della Fiom-Cgil: gli operai preferiscono entrare in fabbrica per lavorare

SULMONA. Giorni di malattia decurtati in busta paga e di fatto addio agli stipendi fissi. Qualche tempo fa sarebbe bastato molto meno per far scattare dure proteste degli operai della Magneti Marelli – azienda del gruppo Fiat – che stanno ricevendo in questi giorni la lettera sull’applicazione del contratto collettivo specifico di lavoro. Ora, invece, pur di lavorare si stringono i denti.

Come accade nello stabilimento sulmonese della Marelli, ultimo avamposto occupazionale del territorio coi suoi 650 lavoratori rimasti, dove la Fiom-Cgil sta facendo volantinaggio contro le nuove disposizioni contrattuali, che prevedono anche “paghe light” per malattie brevi. Ma i lavoratori escono ed entrano dallo stabilimento a testa bassa e i sindacalisti, all’esterno dei cancelli, fanno fatica ad attirare la loro attenzione e a fermarli. È alta la tensione all’interno della fabbrica automobilistica sulmonese, dove il tempo sembra essersi fermato a prima del 20 aprile del 2011, quando venne firmato l’accordo separato sulla Nuova Panda, con le nuove produzioni di Pomigliano che stentano a portare l’attesa ventata di rinnovamento. Con le disposizioni contrattuali, infatti, la cassa integrazione continua ad accumulare ore e i lavoratori a restare spesso a casa. L’accordo separato (firmato da Fim, Uilm e Ugl) ha portato però anche all’esclusione della Fiom dalle relazioni aziendali. «Abbiamo dovuto sospendere le tessere ai nostri 130 iscritti» ammette Pietro Campanella della segreteria provinciale della Fiom-Cgil «per evitare che gli applicassero pure le trattenute sindacali in busta paga. I nostri delegati sono in cassa integrazione praticamente da sempre».

Da qui l’atteggiamento riservato degli operai, che hanno persino paura di farsi vedere con i sindacalisti. «Noi Rsu della Fiom veniamo ghettizzati» spiega uno di loro, che preferisce mantenere l’anonimato «e per questo restiamo in disparte, visto che stare mesi interi a casa, con lo stipendio ridotto, di questi tempi non fa piacere a nessuno».

Da più di due anni proseguono periodi di cassa integrazione. Dei 650 lavoratori rimasti, infatti, lavorano spalmati sui tre turni di lavoro circa 500 di loro. E anche quest’anno andrà avanti fra pause forzate e turni a singhiozzo, come confermano dallo stesso ufficio stampa torinese del Lingotto. Da qui la Fiom rilancia l’allarme occupazionale. «Se non saranno tradotte in pratica le promesse sull’Automotive e i nuovi investimenti annunciati» denuncia Campanella «il futuro della fabbrica è sempre più in bilico».

Federica Pantano

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