«Arcangelo poteva essere salvato»

26 Aprile 2014

Morte dopo fuga dall’ospedale, le parti lese al gip: imputazione coatta per chi sottovalutò il caso

L’AQUILA. Dura presa di posizione con richiesta di imputazione coatta per il personale ospedaliero che tenne in cura il 49enne boscaiolo di Villetta Barrea Arcangelo Colantoni che, in una crisi di panico, lasciò l’ospedale aquilano e fu trovato morto 5 giorni dopo: la richiesta è stata avanzata nel corso dell’udienza camerale dopo l’opposizione alla richiesta di archiviazione. Gli avvocati di parte lesa Aldo Di Ianni e Gaetana Di Ianni hanno ribadito al gip Marco Billi le richieste del tutto inascoltate dalla Procura.

A loro avviso i medici sottovalutarono il fatto che l’uomo, fin dalla mattina, era in uno stato di agitazione e solo la notte gli furono date dieci gocce di calmante: una dose, a loro dire, inadeguata per un uomo dalla corporatura fisica massiccia. La somministrazione di una dose inadeguata indusse il boscaiolo a uscire di soppiatto dal reparto di Neurochirurgia per poi essere trovato morto nei pressi del campo sportivo di Arischia, lontano pochi chilometri dall’ospedale San Salvatore.

In sostanza ci sarebbero state omissioni e sottovalutazioni anche perché in precedenza era stato sventato un tentativo di fuga precedente a quello culminato con la morte del paziente. Sempre secondo le parti lese il caso sarebbe stato trattato con sufficienza anche dal consulente della Procura della Repubblica.

Le parti lese hanno anche insistito sulla opportunità di indagare anche coloro che incontrarono per strada Colantoni e, pur notandolo in condizioni psicofisiche molto precarie, non chiamarono il 118 o le forze dell’ordine. Le parti lese hanno anche precisato che l’opinione pubblica aquilana era informata sull’allontanamento dell’uomo dall’ospedale aquilano per via della notizia comparsa più volte sulla stampa locale e anche nazionale visto che se ne parlò anche su «Chi l’ha visto?», la nota trasmissione di Rai3.

Nei prossimi giorni si conoscerà la decisione del giudice Billi.

Questi potrà chiudere definitivamente il caso ma anche disporre nuove indagini e in un secondo momento, nell’ipotesi in cui decidesse di far individuare i possibili responsabili (l’inchiesta è ancora contro ignoti), ordinare l’imputazione coatta.

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