Avezzano, soldi pubblici alla società sotto inchiesta

Traffico di clandestini del Fucino, in settimana gli interrogatori degli arrestati

AVEZZANO. Si allarga l'inchiesta sul presunto traffico di clandestini: la Procura indaga su una società che avrebbe rilasciato false attestazioni di assunzione per favorire l'ingresso di immigrati in Italia e che avrebbe anche beneficiato di finanziamenti pubblici e comunitari. La società, con sede ad Avezzano, è rimasta coinvolta nell'inchiesta che all'alba di giovedì ha portato la Procura dell'Aquila a emettere 32 ordinanze di custodia cautelare (dieci in carcere), eseguite da carabinieri e polizia. La stessa società, nel 2011, era finita al centro di un'altra indagine. Eppure negli anni avrebbe ottenuto una serie di finanziamenti attraverso Enti che operano nella Marsica.

Gli inquirenti stanno valutando la regolarità di queste operazioni. Secondo le accuse «la società fungeva da agenzia di intermediazione per dare una parvenza di regolarità a un imponente flusso migratorio dal Marocco e ciò ponendo alla base di tutto fittizi rapporti lavorativi, quali braccianti agricoli, in alcune aziende del Fucino i cui imprenditori si erano prestati, ovviamente con un rendiconto economico». Sono 41 le persone coinvolte nell'inchiesta sull'immigrazione clandestina nel Fucino, 32 quelle arrestate.

Nel registro degli indagati anche un commercialista. Tutti gli arrestati sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. In Marocco si reclutavano i presunti braccianti da inviare nel Fucino. Ad Avezzano si avviavano le pratiche per fare ottenere i visti di ingresso in Italia. A quel punto imprese agricole del Fucino compiacenti presentavano le richieste per ottenere i visti e reclutare manodopera. In settimana, intanto, cominceranno gli interrogatori di garanzia per gli arrestati. All'imprenditore Fabio Sorgi, intanto, sono stati revocati i domiciliari ed è stato concesso l'obbligo di dimora. «I giudici hanno accolto la mia istanza» precisa l'avvocato Crescenzo Presutti «il mio assistito si dichiara estraneo ai fatti e nega ogni addebito. Lo dimostreremo durante l'interrogatorio».

Attraverso il proprio legale, si difende anche Raffaele Di Pasquale. «È totalmente estraneo ai fatti oggetto di contestazione» afferma l'avvocato Raffaele Mezzoni «e riuscirà a provarlo in sede di interrogatori. I fatti contestati risalgono al 2009 e quindi non sembrerebbe esserci un'esigenza tale da giustificare misure restrittive. È un imprenditore serio e riuscirà a dimostrare la sua estraneità». L'avvocato Antonio Milo, difensore della famiglia D'Apice e di Federico Barbarossa, ha chiesto al Tribunale del riesame di annullare la misura cautelare per «carenza assoluta di prove». Il collegio difensivo è formato anche dagli avvocati Roberto Verdecchia, Paquale Motta, Mauro Ceci e Antonio Pascale.

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