Aziende agricole e titoli fittizi nell’aquilano, il prefetto firma sei interdizioni

Avrebbero simulato di avere requisiti per ottenere i terreni, poi concessi a terzi con bandi comunali. La Finanza aveva accertato la frode per 5 milioni di euro, tra le accuse l’associazione per delinquere
L’AQUILA. Sono sei le misure interdittive antimafia emesse dal prefetto Vito Cusumanno nei confronti di altrettante aziende operanti nella provincia dell’Aquila. Le imprese hanno sede legale tra l'aquilano e l'Alto Sangro. Le interdittive arrivano in un momento particolarmente delicato e fanno seguito anche alla recente decisione del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi, che ha disposto il rinvio a giudizio per 44 persone coinvolte nell’inchiesta denominata Transumanza. L’operazione “Transumanza” è stata condotta dalla Guardia di finanza e dalla polizia giudiziaria delle fiamme gialle della direzione distrettuale Antimafia dell’Aquila, inizialmente sotto la direzione della pm Simonetta Ceccarelli e successivamente della collega Roberta D’Avolio.
Secondo l’impianto accusatorio, l’associazione per delinquere – ritenuta operativa almeno dal 2014 – avrebbe simulato il possesso dei requisiti necessari per ottenere la disponibilità di terreni agricoli e i relativi titoli Pac, rilasciati gratuitamente dalla Riserva nazionale dei titoli ai giovani imprenditori agricoli. Le indagini avrebbero inoltre accertato l’esistenza di imprese agricole fittizie, in combutta con cooperative agricole e associazioni temporanee di imprese, create con l’obiettivo di acquisire migliaia di ettari di terreni. Terreni che, secondo gli investigatori, venivano concessi attraverso bandi comunali relativi agli usi civici, aggirati mediante un sistema organizzato e strutturato.
Le frodi riscontrate dalla guardia di Finanza di Pescara e dalla sezione di polizia giudiziaria della Dda aquilana ammonterebbero a circa 5 milioni di euro. A carico dei quattordici imputati e imprese coinvolte vengono contestati, a vario titolo, autoriciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, ricettazione, truffa aggravata ai danni dello Stato e il conseguimento di erogazioni pubbliche, con alcune contestazioni nel frattempo finite in prescrizione.
Tra gli imputati chiamati a rispondere dell’ipotesi di associazione per delinquere figurano Marina Casarin, di Venezia ma residente all’Aquila, e Americo Pezzopane, anche lui dell’Aquila. A vario titolo, con le contestazioni di truffa e autoriciclaggio, sono indicati Luca Federico e Francesca Federico, di Popoli ma residenti a Navelli, e Renata Beata Mysliwy, polacca residente all’Aquila. La direzione distrettuale Antimafia dell’Aquila ha indicato quali parti offese anche lo Stato italiano e l’Unione europea. Le interdittive antimafia rappresentano ora un ulteriore livello di contrasto amministrativo al fenomeno, andando a colpire direttamente le aziende ritenute permeabili o collegate al contesto emerso dall’inchiesta giudiziaria.
Intanto, la Procura Europea ha chiesto il processo per altri sette imprenditori, finiti nel mirino della magistratura per un altro filone legato alla mafia dei pascoli sui terreni della Valle Peligna e Valle Subequana. I fatti, secondo l’accusa, sarebbero avvenuti tra il 2017 e il 2022. Agli indagati (difesi dagli avvocati Alessandro Margiotta, Vincenzo Colaiacovo, Piercarlo Cirilli, Gaetano Biasella e Mariangela Romice) viene contestato a vario titolo di aver utilizzato in modo illecito gli strumenti di accesso ai fondi europei e di aver sottoscritto, in alcuni casi, «falsi contratti di affitto di fondi rustici, allegati alla domanda unica annuale di concessione dei contributi europei della politica agricola comune».
Gli imputati dal canto loro, hanno respinto ogni addebito e sono pronti a dimostrare l’estraneità ai fatti nel corso dell’udienza preliminare fissata per il prossimo 26 febbraio.

