«Bertolaso non ha commesso il fatto»

Assolto dall’accusa di omicidio colposo plurimo. L’amarezza delle parti civili: «Presi in giro da sentenza già scritta»

L’AQUILA. Un’attesa di quattro ore, prima del verdetto di assoluzione «per non aver commesso il fatto». Un’assoluzione, tuttavia, sulla quale incide la vecchia insufficienza di prove, grazie all’exploit, assolutamente inatteso, di uno degli avvocati di parte civile. Si è chiuso così il processo contro Guido Bertolaso (assente in udienza), capo del dipartimento della protezione civile ai tempi del terremoto che devastò L’Aquila, accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni. Secondo l’accusa, sarebbe stato il responsabile della campagna di rassicurazione prima del sisma del 6 aprile 2009. Tanta incredulità, e soprattutto dolore celato dignitosamente, ma nessuna reazione scomposta da parte dei parenti delle vittime, al momento della lettura del dispositivo da parte del giudice Giuseppe Grieco, che si è riservato 90 giorni per depositare le motivazioni della sentenza. Imponente lo spiegamento di forze dell’ordine: otto uomini in divisa, tra polizia e carabinieri, senza contare il personale in abiti borghesi. Il giudice ha accolto in parte la tesi dell’avvocato difensore dell’ex capo della protezione civile, Filippo Dinacci, che aveva chiesto l’assoluzione con formula piena. Bertolaso, infatti, è stato assolto ai sensi del secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale (la vecchia insufficienza di prove). A segnare la differenza, che si traduce in un nulla di fatto poiché il sei ottobre sarebbe scattata comunque la prescrizione, è stato l’intervento del legale di Maurizio Cora (una delle parti civili), l’avvocato Gianfranco Iadecola, che citando la sentenza ThyssenKrupp ha introdotto nel processo il principio della “cooperazione colposa”. «Nel suo ruolo apicale», ha detto, «avrebbe dovuto farsi carico di come veniva svolta l’attività informativa da parte del suo delegato. In qualità di coordinatore ha violato il dovere di rettificare l’atteggiamento fuorviante di De Bernardinis». In sintesi, secondo il legale, se De Bernardinis aveva diffuso concetti scientificamente errati, Bertolaso aveva comunque l’onere di rettificarli. Una sortita forse tardiva, della quale il tribunale, tuttavia, non ha potuto non tenere conto. «È veramente allucinante», ha commentato al termine l’avvocato Angelo Colagrande, «un processo come questo non poteva finire con la vecchia insufficienza di prove. La giustizia sta a zero». «Abbiamo sperato che si potesse cambiare rotta», ha commentato Antonietta Centofanti. «ma non è stato così. Vedremo quali sono le motivazioni». «Sono vicina alle famiglie e a chi prova oggi un grande dolore. Lo provo io stessa», ha detto la senatrice Stefania Pezzopane. «Insufficienza di prove», ha aggiunto, «perché probabilmente non ha partecipato a quella famosa riunione, alla quale hanno partecipato altri che però eseguivano degli ordini precisi. Le sentenze vanno rispettate, ma l’amarezza è profonda». Per l’avvocato di Bertolaso, Filippo Dinacci, la sentenza è «un atto di giustizia. Ha pesato la situazione di fatto, che conclamava la sua innocenza. Dico che questo è un processo che si poteva evitare». Amaro il commento di Vincenzo Vittorini: «Sono venuti a raccontarci un’altra storia, che non emerge dalle carte, sulle quali è scritto ben altro. Se avessi avuto il minimo dubbio non avrei mai iniziato un percorso giudiziario come questo. Con la condanna di De Bernardinis ci hanno dato il contentino. De Bernardinis porta dentro di sé la verità. Bertolaso la verità la conosce. Qualcuno ci dovrà spiegare perché quella notte siamo rimasti dentro casa, fidandoci ciecamente di chi sopra di noi ci dava sicurezza. C’è una telefonata fra Bertolaso e l’ex assessore Stati, e chiunque l’ascolta rabbrividisce. In questo Paese, purtroppo, battersi non ha più senso, non conviene. Ci saranno altri terremoti, altre alluvioni, altri morti, e verranno a ripeterci sempre le stesse frasi. Quelle sul terremoto di Amatrice sono le stesse pronunciate, sette anni fa, per il terremoto dell’Aquila. Cambiano gli attori, ma gli annunci roboanti sono sempre gli stessi». L’accusa aveva chiesto 3 anni di reclusione.

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