«Cani antidroga nelle celle»

La proposta degli agenti dopo la morte dell’ultrà

SULMONA. Si svolgerà questa mattina nell’ospedale di Sulmona l’autopsia di Domenico Cardarelli, l’ultrà della Lazio di 39 anni trovato morto nella sua cella per sospetta overdose di stupefacenti. L’esame, oltre alle cause del decesso dovrà accertare anche se il detenuto ha assunto stupefacenti nei momenti antecedenti la morte.

Esami del sangue sono stati disposti anche per il compagno di cella di Cardarelli, sospettato di aver introdotto la droga di derivazione chimica all’interno del carcere venerdì mattina, di ritorno dalla licenza premio che gli era stata concessa per le festività di Pasqua.

Nel frattempo da ambienti della procura e del carcere si è appreso che al termine dell’ispezione straordinaria effettuata ieri all’interno del carcere, anche con l’ausilio di unità cinofile, non è stata trovata alcuna sostanza stupefacente se non quella rinvenuta all’interno della cella di Cardarelli, subito dopo la morte del detenuto.

All’ultrà laziale, ritenuta persona socialmente pericolosa, era stata assegnata la misura cautelare della casa di lavoro perché il giudice di sorveglianza non l’aveva ritenuto pronto per il rientro in società seppure avesse finito di scontare la pena avuta per reati connessi alla droga e reati contro la persoona e il patrimonio.

Sostanza che è stata inviata al laboratorio Arta di Teramo per essere analizzata.
Intanto il sindacato di Polizia penitanziaria torna a chiedere l’istituzione di un reparto di unità cinofile per migliorare i controlli dei detenuti che rientrano dalle licenze. «Chiediamo che a Sulmona venga istituito il reparto di unità cinofila penitenziaria», dice il segretario regionale Ugl, Andreano Picini, «progetto già avviato negli anni scorsi con tanto di costruzione delle cucce e degli ambienti per lo sgambamento dei cani antidroga.

Controllare 110 detenuti che in massa rientrano dai permessi è cosa davvero difficile a livello logistico, anche perché il metodo più utilizzato per introdurre stupefacenti da parte dei detenuti è quello dell’ingestione di ovuli e la legge, come noto, ci impedisce di effettuare ecografie senza il consenso del detenuto stesso». «Avere l’unità cinofila interna al carcere» conclude il sindacalista Ugl «ci permetterebbe di avviare operazioni di controllo routinarie, le quali certamente avrebbero effetto deterrente».

«Bisogna investire concretamente sulla sicurezza, sulla prevenzione ed anche sulla repressione del crimine», aggiunge Donato Capece del Sappe, «chiediamo che il Dap provveda ad istituire in tutte le regioni un distaccamento di unità cinofile del Corpo di Polizia Penitenziaria, servizio oggi limitato solo ad alcune realtà del Paese».

Il progetto per l’istituzione di questo reparto antidroga partì nel 2002 con l’allora direttrice del supercarcere di Sulmona, Armida Miserere, morta suicida nell’appartamento annesso alla struttura il 19 aprile 2003.

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