Celano, carte da gioco truccate: boss condannato per estorsione

Cinque anni al boss della truffa che pretese soldi dai suoi ex complici, raggirati noti professionisti e imprenditori

AVEZZANO. È stato condannato a cinque anni e 20 giorni di reclusione con l'accusa di estorsione per una vicenda legata al gioco d'azzardo.

Si tratta di Gino Melchiorre, di Monterotondo e i fatti, che hanno i retroscena di un film poliziesco, ha coinvolto anche noti professionisti di Celano, dove la storia ha inizio.

Tutto parte da un trucco per vincere al gioco con carte truccate e segreti da prestigiatore. La vicenda si svolge tra il 1996 e il 1999 a Celano. Nel trabocchetto sarebbero finiti almeno una trentina di imprenditori e professionisti di Celano e di altri centri della Marsica.

I giocatori, secondo quanto emerso nel dibattimento, avrebbero perso complessivamente una somma che si aggirava tra un miliardo e mezzo e due miliardi di lire.

La gang della truffa era composta da cinque compagni di giocate, tutti di Celano e dal boss del raggiro che forse si avvaleva della complicità di un esterno al tavolo verde.

Il colpo di scena nella vicenda arriva quando il capo della truffa viene truffato a sua volta. Infatti i suoi “adepti” iniziano a utilizzare i trucchi del maestro per accaparrarsi più denaro possibile, truffando, almeno secondo l'ipotesi accusatoria, tanti celanesi in una bisca clandestina.

Questo gioco va avanti per diversi anni e le vincite si accumulano. Fino a quando la storia ha una sterzata inaspettata, un secondo colpo di scena. Il boss della truffa, secondo quanto emerso anche dalle intercettazioni, scopre di essere stato gabbato dagli ex complici e allora decide di ricavare i frutti dei suoi insegnamenti.

Chiede alla banda dei quattro di restituirgli ciò che gli è stato negato, anche se in misura ridotta, con una specie di condono. Secondo l'accusa avrebbe chiesto 30mila euro di arretrati e, in caso di rifiuto, minaccia di autodenunciarsi ai carabinieri di Celano oltre che di divulgare la notizia della truffa tramite volantini.

Secondo l'accusa, Gino Melchiorre avrebbe anche ottenuto una parte di denaro pari a sei milioni di lire.

Il guru minaccia inoltre di essere pronto a picchiare il nuovo capo perché tanto, come emerso dalle intercettazioni, «sono appena uscito dal carcere e non ho nulla da perdere».

Tutte queste vicende, però, vengono monitorate dagli investigatori della procura della Repubblica di Avezzano che con le intercettazioni riescono a ipotizzare il reato di estorsione. Il destinatario principale delle minacce è un professionista di Celano, intorno ai 50 anni, che in quel periodo è anche impegnato in politica.

Il celanese era assistito dall'avvocato Leonardo Casciere. Il pubblico ministero Federica De Maio, aveva chiesto una condanna a 3 anni e 8 mesi ravvisando le attenuanti generiche. Il giudice Stefano Venturini, invece, ha optato per una pena più severa. (p.g.)

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