Confermato l’ergastolo al padre-killer

Sentenza in Appello, l’uomo ha ucciso moglie e figlia: potrà lasciare l’Italia solo dopo aver scontato la condanna

PESCINA. Ergastolo confermato, con isolamento diurno e notturno per un anno. La Corte d’assise d’appello dell’Aquila ha confermato la condanna di primo grado nei confronti di Veli Selmanaj, colpevole del duplice omicidio a colpi di pistola della figlia Senade e della moglie Fatima, avvenuto nell’ottobre 2013 all’uscita di un supermercato di Pescina. Oltre a scontare il massimo della pena, la sentenza nei confronti del padre e marito killer sarà pubblicata su circuiti web per quindici giorni. Una richiesta avanzata dal procuratore generale Romolo Como. Selmanaj, secondo la sentenza, sarà anche espulso dall’Italia soltanto una volta scontata la pena dell’ergastolo. Dovrà pagare, infine, una provvisionale di 50mila euro.

«Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza», hanno commentato a caldo i difensori del kosovaro, Antonio Milo e Davide Baldassarre, «e certamente ricorreremo in Cassazione». I legali avevano presentato una richiesta di perizia che non è stata accolta. «Ci aspettavamo che la Corte», hanno sottolineato, «disponesse la perizia d’ufficio per valutare una eventuale incapacità di intendere e di volere dell’imputato. Vogliamo capire qual è stato il motivo del diniego di tale istanza e per questo attendiamo il documento del giudice».

L’uomo è stato condannato all’ergastolo che dovrà scontare, prima in isolamento, nel carcere di Teramo. Il kossovaro, reo confesso, è accusato di duplice omicidio con le aggravanti della premeditazione, del vincolo discendente con la figlia, oltre al porto e alla detenzione abusiva di arma da fuoco. Le figlie, difese dall’avvocato Leonardo Casciere, hanno confermato che in casa dovevano subire continue violenze e angherie e hanno raccontato che spesso il padre rientrava ubriaco e che loro, compresa la sorella, la vittima Senade, erano costrette a subire molestie. Ora, affinché la vicenda giudiziaria sia conclusa, bisogna attendere il processo davanti alla Corte suprema.

Pietro Guida

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