Dimissioni ritirate, scontro in aula

La maggioranza di centrosinistra ha fatto quadrato intorno al sindaco

L'AQUILA. Sì alla riorganizzazione delle aziende partecipate. Il consiglio comunale ha approvato, con 25 voti a favore, la delibera che venti giorni fa era saltata provocando le dimissioni - ritirate domenica - del sindaco. Ma a tener banco in aula è stato proprio l'intervento di Cialente.

«Il 7 marzo non ho fatto una "cialentata", come qualcuno ha detto, e neppure un atto improvvisato» ha esordito il sindaco in un'aula "rumoreggiante". «Da circa tre settimane» ha proseguito il primo cittadino, aprendo i lavori del consiglio, «avevo la sensazione che la situazione all'Aquila fosse ferma. Con le ultime ordinanze c'erano stati problemi seri ed era sempre più difficile trovare un interlocutore. Tutto bloccato, dalle pratiche per le case E alle "aree a breve". E poi il problema serissimo del mancato trasferimento dei fondi necessari per poter predisporre il bilancio. Ci voleva uno scossone, perché avevo la sensazione che stessimo scivolando verso una forma esasperata di commissariamento. In questo clima, aggravato dai tanti consigli comunali chiusi per mancanza del numero legale, ho maturato la decisione di dimettermi. Sono stati giorni frenetici e voglio ringraziare tutti per gli innumerevoli attestati di stima e di affetto ricevuti. Ma sbaglia chi pensa che in questi giorni non sia accaduto nulla. Sabato scorso il Governo ha dedicato alla vicenda terremoto oltre tre ore del suo tempo. È stato il segnale di una rinnovata attenzione. Una cosa importantissima, anche perché in questi giorni in Commissione sono in corso le audizioni che serviranno a riunire in un solo testo le tre proposte di legge per L'Aquila. E poi» ha aggiunto Cialente «la questione della governance. Non ho mai chiesto la testa di qualcuno perché ritengo che siano tutte necessarie. C'era un problema di metodo. D'ora in poi il tavolo tecnico sarà il luogo dove gli uni ascolteranno le ragioni degli altri. E dove le decisioni verranno prese in modo condiviso. Lo stesso sottosegretario Letta ha assicurato la sua presenza al tavolo».

Quindi, un cenno ai rapporti non sempre idilliaci con la maggioranza. «Ammetto le mie responsabilità, legate forse alla spigolosità del mio carattere» ha detto ringraziando «i suoi per la riconferma della fiducia» e annunciando «di voler preservare quest'aula dalle tensioni della campagna elettorale ormai vicina». In quanto al bilancio, Cialente ha spiegato «che non c'è alcun commissariamento ma solo l'intesa con la Ragioneria dello Stato per verificare se i 25 milioni di euro concessi da Tremonti potranno bastare o se invece ne serviranno altri».

Un lungo intervento. Poi in aula è scoppiata la bagarre. A scatenare l'opposizione, il richiamo al regolamento arrivato dal presidente Carlo Benedetti, che ha concesso ad ogni gruppo un intervento di soli 5 minuti. Enzo Lombardi (FI) ha accusato Benedetti «di voler mettere il bavaglio ai rappresentanti del popolo, di togliere la dignità al consiglio». Maurizio Leopardi (Udc), ha lasciato l'aula dopo aver dichiarato «che Cialente in questi due anni ha perso l'occasione per volare alto. Ora può fare solo il piccione».

Pesante lo scontro verbale tra Benedetti e Luigi Di Luzio (Mpa), proprio sul regolamento comunale. Per Enrico Verini (Fli), che ha chiuso l'intervento al grido di «vergogna!», c'è una maggioranza «che non nulla da dire». Luigi D'Eramo (La Destra) ed Emanuele Imprudente (Mpa) hanno definito la vicenda delle dimissioni «una farsa».

Nervi saldi nel centrosinistra che ha fatto quadrato attorno al sindaco. Quindi il voto sulle partecipate. Una delibera passata a larga maggioranza.

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